Sant’Anna di Stazzema

Li chiusero tutti in una stalla, donne, bambini, anziani. Poi, dato che era piena di fieno, i tedeschi iniziarono a sparare da un lato con il lanciafiamme, mentre dall’altro, dall’ingresso, altri si paravano davanti alla porta per impedire la fuga.

Mario Marsili aveva sei anni, era lì solo con sua madre Genny e i nonni. Tra le grida e la disperazione di gente che stava morendo bruciata, Genny pensava solo ad una cosa: salvare suo figlio. Fece quindi nascondere Mario dietro ad una porta, più lontano dal fuoco: “Stai qui e non ti muovere” gli disse, e lui obbedì.

Ma ad un certo punto un soldato tedesco si fece avanti. Con qualche passo in più avrebbe notato Mario, avrebbe capito che lì nascosto si sarebbe salvato dalle fiamme e gli avrebbe sparato. Allora Genny, che aveva già capito che da lì non sarebbe uscita viva, ebbe un’unica preoccupazione: proteggere suo figlio e farlo ad ogni costo. Lo fece allora nell’unico modo che aveva a disposizione: cercando di distrarre il soldato tirandogli uno zoccolo di legno. L’espediente riuscì, perché il soldato non vide Mario, ma costò la vita a Genny, che venne immediatamente falciata da un colpo di mitraglietta. Cadde accanto a Mario e morì soffocata dal sangue.

Mario rimase dietro quella porta mentre la stalla andava a fuoco. Ci rimase otto ore.
Lo tirarono fuori dei soccorritori. Ustionato, aveva persino i polmoni scoperti.

Si salvò per miracolo grazie all'amore di una madre e alle suore di un convento che curarono quel bambino ustionato e rimasto orfano, e che oggi è uno dei pochi sopravvissuti ad uno dei più grandi orrori del nostro Paese, la Strage di Sant’Anna di Stazzema, targata quel nazismo che oggi ancora si annida nel nostro Paese.

Alla forza di quest'uomo, che da più di settant'anni vive con questa atrocità sulle spalle, e che pure continua a girare in lungo e in largo per non far dimenticare quell'orrore, il nostro più alto saluto.

Leonardo Cecchi

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