Gioventù senza Dio

“Perché quel quadro mi è ritornato alla memoria? Per il Crocefisso? No. Per la Madre? Neppure. A un tratto capisco: per il guerriero in elmo e corazza, per il centurione romano. Che cosa aveva fatto? Aveva presieduto alla crocefissione di un ebreo. E quando l’ebreo era morto aveva detto: “In verità così non muore nessun uomo.” Dunque, aveva riconosciuto Dio. E che cosa fece, dopo? Che conseguenze ne trasse? Rimase tranquillamente ai piedi della croce. Un fulmine solcò la notte, la terra tremò, la tenda nel tempio si strappò. Ed egli non si mosse. Riconobbe il nuovo Dio mentre moriva sulla croce, e capì che il mondo al quale egli stesso apparteneva era condannato a morte. E dopo? È morto in qualche guerra? Ha capito che moriva per una causa vana? La sua professione gli dava ancora gioia? È arrivato a tarda età? È stato messo in pensione? È vissuto a Roma o in qualche parte della zona di frontiera, dove la vita costava meno? Forse aveva una casetta, e la mattina la cuoca gli raccontava che nuovi barbari erano apparsi oltre frontiera. Dei nuovi barbari, dei popoli nuovi. Si armano, si armano. Aspettano. E il centurione romano sapeva che i barbari avrebbero distrutto tutto. Ma la cosa non lo toccava. Per lui, era già tutto distrutto. Viveva la sua tranquilla vita di pensionato, aveva capito. Il grande Impero romano.”

Ödön von Horváth, Gioventù senza Dio, traduzione di B. Maffi, Bompiani, Milano 2003

[1ª ed. originale: Jugend ohne Gott, Amsterdam, 1937]

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