Una storia incredibile

Quella di Teresa Buonocore è una vicenda quasi dimenticata, sepolta dagli anni, declassata a storia di serie b, come certe storie gigantesche di cui nessuno sembra accorgersi finché non si soffia sulla polvere.
E a soffiare sulla polvere viene fuori il volto di una donna, Teresa, che nel 2008, a Portici, denunciò l’uomo che per anni aveva abusato di sua figlia Alessandra, a quel tempo tredicenne. Quell’uomo, Enrico Perillo, fu condannato a 15 anni di carcere e per vendetta, incaricò due giovani sicari di uccidere Teresa, 51 anni, raggiunta da 4 colpi di pistola mentre andava al lavoro.
Era il 20 settembre 2010, Teresa lasciò due figlie e il ricordo di una donna che non aveva paura. Oggi, quella bambina che andò in un tribunale a testimoniare con coraggio, è una donna di 23 anni. Una donna che ha deciso di raccontare la sua storia e quella di una mamma che ha creduto nella giustizia, e che la giustizia non ha saputo proteggere.

Chi era Enrico Perillo?
Era il papà di due mie amichette gemelle. Loro si erano appena trasferite con i genitori in una nuova casa, io avevo 7 anni. Lui mi molestò la prima volta che andai a trovarle.

Come accadevano le violenze?
La prima violenza avvenne sul terrazzo. Poi in camera da letto.

E le sue figlie?
Lui mi prendeva e mi portava in camera sua, loro rimanevano zitte nella loro cameretta.

Non avevi paura di andare in quella casa?
Sì, infatti dopo la prima violenza ho detto che non ci volevo andare più e per un mese è stato così. Poi non so cosa succede nella testa di una bambina, pensavo di aver esagerato, le mie amiche mi mancavano. E sono tornata.

Perché non lo dicevi a tua mamma?
Mi aveva mostrato delle pistole nel cassetto. Mi aveva minacciata: se parli io ammazzo tua madre.

Siete andati anche in vacanza al mare insieme. Abusò di te anche lì?

Sì, la moglie la mattina andava a fare la spesa, noi bambine facevamo a gara per accompagnarla e non rimanere con lui.

Poi?
Per un po’ alle medie non vedo più le mie amiche. Finché un giorno non chiama il consultorio a casa e chiede di presentarci lì per un’indagine sui figli di stranieri, mio padre vive a Santo Domingo.

Il motivo era un altro?
Restai sola con la psicologa, mi chiese se fosse successo qualcosa con Perillo. Piano piano raccontai tutto.

Chi denunciò Perillo?
Ci dissero una telefonata anonima.

Come reagì tua mamma?
Mi chiese “Perchè non me l’hai detto?”, ma non volle mai sapere i particolari, credo si sentisse molto in colpa per non aver capito, anche perché noi non avevamo un padre e quella famiglia sembrava perfetta.

Ti sei sentita finalmente liberata?
Ebbi un crollo, finii anche all’ospedale. Non volevo andare a scuola, mi vergognavo. Andai da uno psicologo.

La moglie di Perillo?
Non c’era mai quando accadevano le violenze ma non metterei la mano sul fuoco sul fatto che non sospettasse.

Al processo per gli abusi ha testimoniato anche un’altra ragazzina.
Sì, anche lei veniva abusata.

Perillo venne condannato a 15 anni, ma lui era pregiudicato, già ai domiciliari perché avevano trovato un vero e proprio arsenale a casa sua.

Sì. In realtà scoprimmo che da giovane aveva avuto anche una condanna a 15 anni per omicidio.

Quindi fammi capire: aveva precedenti per omicidio, due per detenzione illecita di armi, stava scontando 3 anni e 4 mesi sempre per le armi, si aggiungeva una condanna per abusi su minori di 15 anni, ma lo lasciarono ai domiciliari?
Sì, assurdo. E mentre aspettavamo l’appello fu incendiata la porta della nostra casa.

Poi fece un passo falso.
Sì, ai domiciliare violò il divieto di incontro con le figlie. Ma prima di essere arrestato, fu ricoverato per sospetto calcolo renale.

La moglie era medico, ricordiamolo.
Sì, lo portò lei in ospedale. Ci rimase un mese poi andò in carcere.

Un calcolo resistente. Come fece a pianificare l’omicidio di tua mamma?
Lo fece mentre era in ospedale, dove avrebbe anche consegnato l’arma ad uno dei due killer, Amendola.

Qualche mese dopo, il 20 settembre 2010, tua mamma viene ammazzata.
Io e mia sorella quel giorno eravamo a scuola. Fui portata a casa di mia zia, quella sera mi disse che mamma era stata uccisa, mi fece il nome dei due killer, Avolio e Amendola. Io la notte mi svegliai ricordando che uno dei due nomi- Amendola- lo conoscevo, era un amico di Perillo. Capii tutto.

Hai avuto sensi di colpa?
Tantissimi. Anche perché mia mamma si è dedicata molto a me dopo le violenze e ha forse trascurato un po’ mia sorella. Lei ha sofferto anche più di me, aveva rabbia.

Tu e tua sorella siete state risarcite?
No, Perillo si è liberato di tutti i suoi beni. Non li hanno congelati e grazie a un notaio che è andato a trovarlo in carcere, ha ceduto tutto ai parenti.

Siete state affidate a vostra zia Pina.
E’ stata meravigliosa. E sapeva che sua sorella-mia mamma- era speciale, ogni tanto mi diceva che non si sentiva alla sua altezza.

Non ci sono uomini nella vostra famiglia.
No, mio nonno era morto, mia zia non ha un compagno, mio padre esiste ma è un estraneo, ci siamo fatte forza noi donne.

Chi vi è stato vicino?
Il governatore De Luca, che all’epoca era il sindaco di Salerno. Ci ha dato una casa a Salerno sul lungomare e un lavoro a mia zia. No l’ha mai pubblicizzato.

E poi un anno fa avete ricevuto una telefonata inattesa.
Sì, il giudice Carlo Spagna, colui che mi aveva fatto le domande al processo e aveva condannato Perillo all’ergastolo. Ha chiesto di poterci vedere.

Quanti anni erano passati?
Nove.

Che ti ha detto?
Che voleva scrivere un libro sulla nostra storia, ma mi voleva chiedere il permesso. Io ho detto sì e poi lui mi ha regalato la prima copia (“Teresa B.” ndr).

Te lo ha dedicato.
Sì, ci siamo visti più volte. Dice che per lui sono una figlia. E’ la prima figura maschile di riferimento per me.

I proventi della vendita del libro, che è su Amazon, andranno a te e tua sorella.
Ci ha detto che in qualche modo dobbiamo essere risarcite, che le istituzioni hanno un debito con noi.

Cosa provate tu e tua sorella per l’assassino di vostra mamma?
Niente. Mia zia ci ha insegnato a non odiare.

L’ultimo ricordo di tua mamma?
Lei che stava per uscire quella mattina in cui l’hanno uccisa e sulla soglia, sorridente, dice a mia nonna “Mi raccomando, a pranzo fa i bastoncini di pesce alle ragazze. Un ricordo piccolo, ma così nitido”.

(da Il Fatto)

P.s.

Il libro è andato esaurito su Amazon ma tornerà disponibile a giorni, ora si trova su Lafeltrinelli.it

Selvaggia Lucarelli 

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