Una poesia non è mai soltanto sé stessa

Caro Robin, troverai qui la prima pubblicazione della White Rabbit Press. La seconda sarà certamente più bella. Hai ragione a dire che non ho più bisogno delle tue critiche sulle singole poesie. Ma io le voglio ancora. Credo sia una vecchia abitudine – un’abitudine fin troppo vecchia. A metà di After Lorca ho capito infatti che stavo scrivendo un libro e non più una serie di poesie, e tutte le singole critiche, di chiunque fossero, sono improvvisamente divenute meno importanti. E questo vale anche per i miei Ammonimenti, che ti invierò non appena saranno finiti (ne ho già otto e credo saranno quattordici in tutto, inclusa, ovviamente, questa lettera). Il trucco è semplicemente quello che Duncan ha scoperto anni fa e ha provato a insegnarci – di non cercare la poesia perfetta ma lasciare che la scrittura del momento vada libera per la propria strada, esplori e poi ritorni indietro, ma senza essere mai pienamente realizzata (confinata) entro i margini di una sola poesia. Su questo aveva ragione lui e noi ci sbagliavamo, anche se poi ci ha complicato le cose dicendo che non esiste la buona o la cattiva poesia. Esiste, ma non in relazione alle singole poesie. Non esistono, in verità, singole poesie. È per questo che tutto ciò che ho scritto finora (eccetto le Elegie e il Troilus) mi sembra marcio. Le poesie non hanno appartenenza. Sono avventure di una notte, piene d’emozioni (per le migliori di loro), ma senza alcun obiettivo, insignificanti tanto quanto il sesso in un bagno turco. Non erano la mia rabbia o la mia frustrazione a ostacolare la mia poesia, ma il mio considerare ogni episodio di rabbia o di frustrazione come qualcosa di unico – qualcosa da convertire in poesia, come si fa con una valuta straniera. È quello che ho imparato al Dipartimento di Inglese (e al Dipartimento d’Inglese dell’anima – questo grande pantano che si annida sul fondo di ognuno di noi) e ha rovinato dieci anni della mia poesia. Guardale quelle poesie. Ammirale se vuoi. Sono belle, sì, ma sono mute. Le poesie dovrebbero echeggiare e riecheggiare una contro l’altra. Creare risonanze. Non possono vivere da sole, non più di quanto lo possiamo noi. Perciò non inviare il pacco con le vecchie poesie a Don Allen. Brucialo, oppure aprilo con Don e piangi su ogni possibile libro che ci ho seppellito dentro – le Canzoni contro Apollo, la Galleria degli dèi magnifici, le Canzoni da bere – tutti incompleti, tutti abortiti – tutti incompleti, tutti abortiti perché, come ogni persona che abortisce, pensavo che ciò che non è perfetto non merita davvero di esistere. Le cose combaciano. Lo sapevamo – è il principio della magia. Due cose inconseguenti possono formare, se combinate assieme, una conseguenza. E questo vale anche per la poesia. Una poesia non deve mai essere giudicata solo per sé stessa. Una poesia non è mai soltanto sé stessa. Questa è la lettera più importante che tu abbia mai ricevuto. Con affetto, Jack.

Jack Spicer

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