Salute e lavoro
Per l'ennesima volta, con ancora maggiore violenza, si ripropone oggi il ricatto che contrappone salute e lavoro. Gli oppressi devono ancora una volta scegliere se morire di malattia o di fame. Abbiamo già visto in questo paese, e non solo, il frutto avvelenato che si porta appresso questo ragionamento. Lo abbiamo visto nei bambini malati di cancro a Taranto, in intere famiglie spazzate via dal mesotelioma a Casale, tra i lavoratori dell’IPCA di Cirié uccisi dai tumori alla vescica.
Le esigenze sanitarie e quelle lavorative sono contrapposte solo in un sistema economico nel quale i vergognosi privilegi di poche persone vengono prima degli interessi collettivi. Un sistema che, per stare in piedi, ben prima del controllo repressivo ha bisogno di riprodurre un’ideologia dominante, il cui scopo centrale è quello di giustificare aberrazioni, violenze e sfruttamento che ogni giorno abbiamo davanti agli occhi. Basti pensare a come gli schiavisti descrivevano la loro opera: quella del buon padre che provvede al sostentamento di esseri inferiori che, se lasciati liberi dal giogo padronale, avrebbero vissuto nel peccato, nella sporcizia, nella bestialità. Oppure ai padroni della Rivoluzione Industriale che sostenevano la necessità di far lavorare i bambini più piccoli, anche se meno produttivi, come atto di beneficienza verso le loro povere famiglie. Oggi avviene lo stesso. Come sarebbe possibile, altrimenti, accettare che si mettano sui due piatti della bilancia la salute e la pancia di un bambino e si costringano le persone a scegliere tra la prima e la seconda?
Lo si può fare perché si sono convinte le persone che non ci sia alternativa a questo modello sociale, economico e politico. Un modello di cui si parla come se fosse una sorta di immanente creazione divina impossibile da modificare, invece che il prodotto delle decisioni di una parte elitaria e minoritaria dell’umanità. Un modello che, come tanti altri nella storia, può e deve essere superato: come si può convivere con una realtà nella quale le uniche alternative paventate sono il Covid o la povertà, nel quale la vita e le scelte di miliardi di persone sono nelle mani di pochi profittatori? Gli stessi soggetti che in prima persona, o attraverso scribacchini di corte, parlano di salute dal letto caldo di una clinica privata e di fame mentre tracannano ostriche e champagne. Solo rifiutando categoricamente l’ideologia dei gruppi dominanti gli oppressi hanno migliorato le loro condizioni materiali e morali nel corso della storia: le prime catene sono sempre quelle culturali.
Oggi possiamo scrollarcele di dosso dicendo a gran voce che vogliamo al tempo stesso salute e reddito, ma soprattutto che costruiremo un’altra società basata sulla cooperazione tra gli individui, sulla solidarietà, sulla partecipazione di tutti alla vita politica, sulla fine dei privilegi.
Che vogliamo per tutti pane, libertà, amore, scienza.
Cannibali e Re
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