Ebraismo e modernità

Dietro di noi sta un secolo di opportunismo politico, un secolo in cui un insolito concorso di circostanze ha consentito al nostro popolo di vivere giorno per giorno. Nello stesso tempo, studiosi e filologi sono riusciti a separare il popolo dalla sua storia, così come gli uomini politici opportunisti sono riusciti ad alienarlo dalla politica. L'alto concetto di progresso umano è stato privato del suo senso storico e degradato a mero fatto naturale, per cui il figlio è sempre migliore e più saggio del padre e il nipote più libero da pregiudizi del nonno. Oppure, è stato degradato a legge economica, per cui il patrimonio accumulato dalle generazioni precedenti determina il benessere dei figli e dei nipoti e consente a ciascuno di loro un ulteriore avanzamento nella carriera senza fine della famiglia. Alla luce di tali sviluppi, dimenticare è diventato un dovere sacro, la mancanza di esperienza un privilegio e l'ignoranza una garanzia di successo.

Poiché le condizioni in cui viviamo sono create dall'uomo, i morti si impongono a noi e alle istituzioni che ci governano e rifiutano di scomparire nelle tenebre in cui cerchiamo di gettarli. Più ci sforziamo di dimenticare e più il loro influsso ci domina.

Il succedersi delle generazioni può costituire una garanzia naturale per la continuità della storia, ma non è certamente progresso. Poiché siamo figli dei nostri padri e nipoti dei nostri nonni, è possibile che i loro errori ci perseguitino fino alla terza o quarta generazione. Essendo noi stessi inattivi, non possiamo nemmeno trarre beneficio dai loro atti perché, come tutte le opere dell'uomo, essi tendono inevitabilmente a deteriorarsi, proprio come una stanza dipinta di bianco si annerisce se non la si ridipinge spesso.

La storia, in questo senso, ha una sua morale, e se i nostri eruditi, con la loro imparziale oggettività, non sono in grado di scoprirla, vuol dire semplicemente che non sono in grado di comprendere il mondo che abbiamo creato; proprio come il popolo che non è capace di utilizzare nemmeno le istituzioni che si è dato. La storia, sfortunatamente, non conosce l'«astuzia della ragione» di Hegel; lascia piuttosto che l'irrazionalità segua automaticamente all'abdicazione della ragione.

Hannah Arendt 


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