Lo specchio vuoto

A differenza di mio fratello, che collezionava ragazze e passava da una comitiva all'altra, io vivevo un po’ appartato rispetto a quel piccolo mondo; le mie giornate preferivo dedicarle al nuoto, alla pesca di ricci di mare o alle passeggiate in bici fino alla spiaggia Moretti.

Mio padre invece, da buontempone qual era, lasciava di rado il tavolo del giardino dove riceveva gli amici. Gli piaceva mangiare e beveva parecchio, perlopiù vino rosso e whisky. Grazie ai contatti che aveva, si faceva spedire regolarmente la sua quota di bottiglie di vino dall'Office national des vins, mentre ai superalcolici provvedevano certe sue conoscenze nella compagnia aerea di bandiera, che li acquistavano per lui nei duty free. Oltre ai grossi Avana, fumava solo Dunhill e John Player Special importate dall'estero, e le condivideva con mia madre. Quando rimanevano a secco, ripiegavano entrambi su pacchetti di Craven A, le uniche sigarette straniere disponibili in Algeria, che mio padre ordinava direttamente al direttore della Société nationale des tabacs.

Era un vero seduttore e piuttosto vanitoso. Comprava gli abiti a Parigi, dove andava diverse volte l'anno insieme a mia madre anche per rinnovare il proprio guardaroba. Il barbiere veniva a casa tutte le settimane per dargli una spuntatina ai capelli; era uno dei pochi della sua generazione a portarli un po’ più lunghi, il che gli dava aspetto e fama di playboy. Anche se all'epoca la scena automobilistica era popolata soltanto da auto sovietiche e brasiliane, lui aveva sempre posseduto macchine sportive italiane, costose e complesse dal punto di vista della manutenzione. Fu soltanto negli anni del terrorismo che si convinse a guidare berline tedesche, sempre lussuose ma decisamente più discrete.

Sul finire degli anni Ottanta, però, le tavolate con gli amici iniziarono piano piano a ridursi, in quantità e frequenza. Molti conoscenti di mio padre avevano smesso di bere e si erano dati alla preghiera. Anche mia madre non fumava più e aveva cominciato a sua volta a recitare le cinque preghiere quotidiane. Mio padre invece continuò a bere finché un giorno non si ammalò e su raccomandazione del medico, chiuse con l'alcol e il tabacco. Poco tempo dopo anche lui si mise a pregare e accarezzava addirittura l'idea di andare alla Mecca a compiere la ‘umra o il hagg. La sua morte prematura ha deciso altrimenti. 

Samir Toumi, Lo specchio vuoto, (traduzione dal francese di Daniela De Lorenzo), Mesogea (collana La piccola), Messina, 2018; pp. 36-38.

[Edizione originale: L’effacement, Éditions Barzakh, Alger, 2016]

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