Coscienza antipsichiatrica

«La distruzione dell’ospedale psichiatrico è un lavoro politico, perché la psichiatria tradizionale, dissolvendosi, ha lasciato psichiatri e pazienti direttamente a confronto con i problemi della violenza societaria: tuttavia non ha le caratteristiche tipiche di un lavoro rivoluzionario.

Ciò spiega alcuni dei limiti della presa di coscienza dei degenti. Per questi ultimi, è comprensibile che i valori di guarigione continuino a essere considerati più facilmente secondo le definizioni conformistiche della società esterna, cioè in funzione di un tentativo di integrazione, anziché secondo i valori assai più difficili da elaborare (e più ardui da sostenere anche sul piano dello sforzo psicologico) di una contestazione all’assetto societario.

Anche per l’équipe curante, nella misura in cui essa non è in grado di forgiare un nuovo tipo di coscienza antipsichiatrica, è evidente il rischio di continuare ad agire esclusivamente nell’ambito delle contraddizioni del suo vecchio mandato.

Il discorso sembrerebbe chiudersi con una constatazione di impotenza. Tuttavia, nel momento in cui sono stati affermati con sufficiente chiarezza i limiti pratici di una azione antistituzionale a partenza dagli Ospedali Psichiatrici, è anche necessario proporre un nuovo rovesciamento, e riconoscere che è possibile negare ancora una volta la specificità della psichiatria.

Per il degente, questo rovesciamento è embrionalmente possibile nella misura in cui la pratica antistituzionale contiene già in sé il rifiuto del principio di autorità; per l’équipe curante, l’esperimento ha un senso quando registri non più soltanto l’incongruenza della psichiatria, ma la formulazione di un protesta dotata di un significato e di una portata più generali.

[…]

Gli Ospedali Psichiatrici possono insegnarci molte cose su di una società dove l’oppresso viene sempre più allontanato dalla percezione delle cause e dei meccanismi dell’oppressione. Nel momento in cui la critica politica comincia a far leva anche sulla potenzialità eversiva di tutti coloro che sono stati dichiarati “fuori dal gioco”, il velleitarismo della antipsichiatria si propone di indicare, in un esperimento e in una teorizzazione decisamente anticipatori, alcune delle vie possibili per una società totalmente diversa.»

Giovanni Jervis, “Crisi della psichiatria e contraddizioni istituzionali”, in Franco Basaglia (a cura di), L'istituzione negata. Rapporto da un ospedale psichiatrico, Baldini&Castoldi.

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