Elisabeth Cocharn

SI FINSE MALATA DI MENTE PER RACCONTARE LE TERRIBILI CONDIZIONI DELLE DONNE IN MANICOMIO. LA STORIA DI ELISABETH COCHARN, CORAGGIOSA GIORNALISTA D’INCHIESTA

“Cosa, a parte la tortura, produrrebbe una pazzia più veloce di questo trattamento? (…) Vorrei che i medici esperti che mi condannano per la mia azione, che ha dimostrato la loro capacità di prendere una donna perfettamente sana, di rinchiuderla, di farla sedere dalle sei di mattina alle venti di sera su una panca dura, non permettendole di parlare o di muoversi in alcun modo, senza nulla da leggere, non facendole sapere niente del mondo e di quello che accade, dandole cibo guasto e un trattandola con violenza, vedessero in quanto tempo così si diventa pazzi. In soli due mesi (ogni donna) diventerebbe un caso psichiatrico irrecuperabile.”

Elizabeth Jane Cochran era nata intorno alla metà dell’Ottocento in un sobborgo di Pittsburgh. Figlia di un piccolo coltivatore, rimase orfana mentre frequentava il collegio. La mancanza di denaro la costrinse ad abbandonare l’istituto e a trasferirsi in città insieme alla famiglia. Qui dopo aver scritto una replica furente ad un articolo del Pittsburgh Dispatch in cui le donne venivano indicate come capaci solo di crescere i figli e badare alla casa, fu ingaggiata dal direttore e iniziò a firmarsi come "Nellie Bly". Paladina degli ultimi, si interessò da sempre ai mondi degli emarginati: dai lavoratori minorili ai migranti, dai poveri ai carcerati, fino ad arrivare ai “malati mentali”.

E proprio per indagare sulla condizione di quest’ultimi, decise di entrare sottocopertura dentro una delle strutture manicomiali dell’East River di New York, il manicomio femminile dell'Isola di Blackwell . E lo fece dichiarandosi malata di mente. Dopo essere entrata in una pensione della Grande Mela iniziò a simulare alcuni disturbi e a proferire frasi senza senso. Venne presa in custodia da due poliziotti e condotta in tribunale. Qui fu visitata da alcuni dottori e dichiarata pazza. Venne presto internata e sottoposta ai consoni trattamenti. Sebbene una volta dentro il manicomio, Elisabeth cercò di assumere un comportamento il più possibile normale, tutti i medici che la tennero sotto osservazione ne ribadirono la follia. Nei dieci giorni passati in internamento Elisabeth poté osservare e vivere le condizioni terribili in cui versavano le internate. In seguito racconterà delle secchiate di acqua gelida, delle corde con cui erano legate, delle violenze, del cibo avariato, dell’assenza di ogni umanità. Quando finalmente riuscì ad uscire dal manicomio scrisse un articolo infuocato in cui denunciava tutto. Da quell’articolo scaturì poi un libro intitolato Ten Days in a Mad-House. Grazie alla sua inchiesta, furono avviate indagini giudiziarie e vennero destinati dei fondi per migliorare la vita delle internate.

Cronache Ribelli

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