Oggi un mio amico ha gridato

Oggi un mio amico ha gridato… dentro una capanna e un vecchio è uscito dal suo rifugio contro le bombe. Il mio amico ha detto al vecchio di allontanarsi e dato che in queste operazioni dobbiamo agire in fretta, ha gettato una granata nel rifugio. Mentre tirava la sicura il vecchio ha iniziato ad agitarsi, a farfugliare e a correre verso il mio amico e poi verso la capanna. Un soldato, non avendo capito, ha atterrato il vecchio proprio mentre il mio amico gettava la granata nel rifugio…Poi abbiamo sentito il pianto di un bambino che proveniva da dentro! Non c’era più niente che potessimo fare. Dopo l’esplosione abbiamo trovato la madre, due bambini… e un neonato. Ecco cosa stava cercando di dirci il vecchio!. Ci siamo guardati in faccia e abbiamo bruciato la capanna… Il vecchio piagnucolava incredulo davanti alla capanna in fiamme. Siamo andati via lasciandolo là.
Il 27 marzo 1967 sul Beacon Journal di Akron, Ohio, comparve questo resoconto. Uno dei tanti terribili racconti di guerra che alcuni giornali statunitensi cominciarono a pubblicare a partire dalla metà degli anni sessanta. In molti di questi racconti, più o meno palesemente, emergevano segnali di resistenza dei soldati americani, che sempre più spesso si mostravano recalcitranti a compiere azioni che consideravano prive di ogni senso, oltreché profondamente inumane e disonorevoli. Con il progressivo impennarsi dell’escalation militare e la presenza di numerosi corrispondenti di guerra divenne sempre più evidente all’opinione pubblica in patria quale fossero gli aspetti più duri e tragici del conflitto in Vietnam. Presto nacque un vasto movimento di protesta contro la guerra di cui furono, in alcuni casi, protagonisti gli stessi veterani del conflitto, che per tutta la vita dovettero subire le conseguenze fisiche e psicologiche delle esperienze vissute a quindicimila chilometri di distanza da casa. 

Cannibali e Re


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