Questa è la Repubblica nata dalla Resistenza

La sera del 5 maggio 1944, verso le 20:30, una squadra della Federazione dei Fasci vicentina, composta da Fausto Caneva, Adelmo Schiesari, Rodolfo Boschetti, Giovanni Brogliato, Angelo Girotto, Walter Rizzato e Aldo Alias, fece il suo ingresso a Campiglia dei Berici e, giunti davanti all’abitazione dei fratelli Aldo e Gerardo Tagliaferro, li trassero in arresto, conducendoli all’imbocco di un viottolo di campagna a un centinaio di metri di distanza, dove furono soppressi con alcune raffiche di fucile mitragliatore. Allontanatisi i fascisti, la moglie di Gerardo, aiutata dal fattore, recuperò le salme, che ricompose sul tavolo della sala da pranzo e vegliò durante la notte. Il brutale omicidio fu giustificato come la rappresaglia al ferimento, avvenuto alcuni giorni prima a opera di due sconosciuti, del commissario prefettizio, Luigi Gnesin, e del segretario del Fascio repubblicano, Giovanni Ferraretto. Fu in realtà una vendetta trasversale, che doveva colpire negli affetti più cari un loro fratello, mons. Girolamo Tagliaferro, arciprete di Schio da tempo inviso al regime per la sua intensa opera assistenziale a favore dei poveri che inevitabilmente aveva sminuito la presa del fascismo sulla popolazione. Dopo ripetute diffide, l’arciprete, accusato di simpatie comuniste (!) si era visto sospendere più volte “La Fiamma del Sacro Cuore”, il Bollettino parrocchiale attraverso il quale comunicava con la popolazione. Ciò malgrado, mons. Girolamo aveva sin dal primo momento appoggiato l’iniziale Resistenza, ospitando in canonica riunioni clandestine ma anche ricercati e salvando dalla cattura una sessantina di ebrei che furono nascosti in vari istituti cittadini, poi forniti di documenti falsi e accompagnati in Svizzera. La goccia che fece traboccare un vaso da tempo colmo fu la sua presa di posizione, dalle colonne del Bollettino, contro lo sparuto gruppo di sacerdoti nostalgici del ventennio che avevano giurato fedeltà alla RSI, legandosi attorno al più intransigente e filotedesco dei capi repubblicani, Roberto Farinacci. Le sue parole, con le quali invitava i fedeli a diffidare dai “lupi travestiti da agnelli” furono trasmesse dai gerarchi scledensi a Farinacci, il quale rispose con un pesante attacco su “Regime Fascista”, il giornale da lui diretto e finanziato dai tedeschi. (...) Il funerale di Aldo e Gerardo fu officiato da mons. Girolamo che, poco dopo il ritorno a Schio, manifestò alla città intera la sua posizione rispetto al crimine commesso. Uscito sul pronao del Duomo in gran paramenti, davanti a una piazza gremita di centinaia di persone, tra le quali molti fascisti, impartì la “benedizione ai monti”, ossia ai partigiani che vi erano nascosti. I componenti della “Compagnia della Morte”, responsabili di questi e di molti altri omicidi, comparvero davanti alla Corte d’Assise Straordinaria di Vicenza nel gennaio 1946. Il processo si concluse con pesanti condanne, alla pena capitale e a lunghe pene detentive. Ma gli avvocati ricorsero in appello e nel 1951 la Corte di Cassazione annullò la sentenza, rinviando la causa alla Corte d’Appello di Firenze. Successivamente le condanne a morte furono tramutate in ergastoli e, poco più tardi, in 30 anni di reclusione che, a loro volta, in base al DPR del 19 dicembre 1953, n. 922 furono ridotte a 10 anni. Per chi rimase in carcere e anche per i latitanti, con decreto legislativo dell’11 luglio 1959, n. 460 furono dichiarati estinti i reati e cessata l’esecuzione della condanna e delle pene accessorie, revocando i mandati e gli ordini di cattura e di carcerazione emessi. Nessuno pagò per l’eccidio dei fratelli Tagliaferro. Questa è la Repubblica nata dalla Resistenza. 

Ugo De Grandis

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