Liviana Rossi

LIVIANA ROSSI VENNE UCCISA A SOLI 22 ANNI MENTRE RESISTEVA FINO ALL’ULTIMO RESPIRO AD UNO STUPRO: L’OPINIONE PUBBLICA E LA STAMPA SOTTOPOSERO LA RAGAZZA AD UNA VIOLENTA CAMPAGNA DENIGRATORIA

Liviana aveva appena ventidue anni all’epoca dei fatti. Originaria di Ferrara, studiava al Dams ed era iscritta all’Unione delle donne italiane. Una giovane impegnata sul fronte dell’emancipazione femminile, intelligente, spontanea, scriveva poesie ed aveva già realizzato la sua prima pubblicazione.

Aveva deciso con un’amica di passare le vacanze estive in Calabria e si era trovata un lavoro presso il “Costa Elisabeth”, un albergo ristorante, dove faceva la cameriera. La sera della sua morte, la sera del 3 luglio 1983, a fine giornata era uscita per andare a ballare. Tornata in albergo verso le due e mezza, aveva deciso di andare a prendere un po’ di fresco e non era più tornata.

I suoi amici vanno a cercarla nella spiaggia di Torretta di Crucoli. Quando la vedono pensano che stia dormendo e per un po’ nemmeno la disturbano, poi siccome sta per albeggiare provano a svegliarla: solo allora si accorgono che non respira e che ha molti strani segni sul corpo. L’autopsia dimostra che la ragazza è morta dopo una lunga lotta; ha una lesione cranica e sabbia nei polmoni.

Subito dopo l’omicidio numerose testate giornalistiche e l’opinione pubblica, locale ma non solo, si avventano sulla memoria della giovane. C’è chi parla di droga, chi di alcolismo, chi la descrive come una “omosessuale perversa dal passato peccaminoso”. Tutte bugie enormi che trasformano una vittima in una “che se l’era andata a cercare”.

Così come spesso avviene in questi casi è la ragazza a finire sul banco degli imputati.

Mentre i carabinieri setacciano la stanza di Liviana tralasciando il resto dell’albergo e mentre la procura sta per archiviare il caso, un giudice istruttore non molla e concentra le sue attenzioni su Pietro di Leone, proprietario del Costa Elisabeth.

Rinviato a giudizio, l’uomo nel 1988 viene condannato a soli 5 anni di carcere, di cui due condonati. Tentato stupro e omicidio colposo, secondo i giudici Liviana era morta sbattendo la testa cercando di divincolarsi da Di Leone, che già più volte le aveva fatto delle avance. Una sentenza accolta con ben poco sdegno.

Una vicenda come questa è purtroppo ancora attuale visti i tanti casi dei quali sentiamo parlare ogni giorno e visto che ancora oggi viene spesso riproposta la stessa vergognosa criminalizzazione della vittima.

Ricordiamo Liviana perché ha lottato contro la violenza fino all’ultimo respiro e perché era una donna libera, attiva e impegnata, come tante altre che hanno combattuto e combattono per fare del mondo un posto migliore per tutti.

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