Prigionieri di guerra

I PRIGIONIERI DI GUERRA USATI COME BERSAGLI PER LE ESERCITAZIONI: LE FOTO RITROVATE A SINGAPORE CHE RACCONTANO LE VIOLENZE DELL’ESERCITO IMPERIALE GIAPPONESE

Siamo abituati a ricordare spesso i tragici avvenimenti che durante la Seconda guerra mondiale si svolsero sul nostro continente.

Anche il fronte del Pacifico, purtroppo, fu teatro di massacri e violenze indicibili. In particolare l’esercito imperiale giapponese si macchiò di orrendi crimini di guerra e riservò ai soldati prigionieri trattamenti vergognosi.

In questa foto è possibile osservare una delle pratiche più abiette utilizzate dai militari nipponici: l’utilizzo di soldati catturati come bersagli per le esercitazioni.

In questo caso, i malcapitati oggetto del tiro sono dei sikh appartenenti al British Indian Army, catturati dopo la conquista di Singapore.

Come si può osservare ogni soldato giapponese occupa una posizione, contrassegnata da un numero, e ha un preciso nemico a cui sparare. I prigionieri legati, seduti a terra e bendati, hanno invece un bersaglio all’altezza del cuore. Alla fine della macabra esercitazione i militari nipponici finivano i sikh a colpi di baionetta.

Queste terribili immagini furono ritrovate dai soldati inglesi al momento della rioccupazione dell'isola.

Si stima che tra il 1937 e il 1945 l’esercito e la marina imperiale giapponese abbiano ucciso dai 3 a i 10 milioni di civili, per la maggior parte cinesi, ma anche coreani, filippini, indonesiani e malesi.

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Onde evitare una serie di commenti su base nazionale, ribadiamo che ogni volta che si generalizza si finisce per alimentare lo stereotipo etnico. Ci sono precisi responsabili dei crimini di guerra, da chi li ordinò a chi li pianificò a chi li realizzò materialmente. Se si guarda bene le culture del dominio e dell'autoritarismo travalicano i confini e a compiere le stesse aberrazioni, sotto le vesti di diverse "nazionalità", sono soggetti che si somigliano profondamente. In seconda battuta ci teniamo a dire che per comprendere l'origine di ogni atto vanno analizzate le strutture sociali, economiche, culturali e politiche che lo producono. Si vedrà che sono quelle a permeare molto più gli individui di supposti "caratteri nazionali" che risultano spesso lenti deformanti attraverso cui leggere i fatti.

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