Collanine, perline e perle... umane

Per ragioni trascurabili e marginali, mi ritrovo seduta, alle 7,30 del mattino, sulla panchina di un'anonima fermata di autobus.

Alle mie spalle, poggiata contro il muro, la varia umanità del popolo dei venditori ambulanti di collanine da spiaggia. Li osservo. Sono carichi di chincaglierie e carabattole con le quali sperano di sbarcare il lunario. Gioco a indovinarne l'etnia. Questo è sicuramente cingalese, lui sembra pakistano, no, questo è troppo nero: Africa! Vorrei parlarci. Come ci sono arrivati qui? Quali storie hanno alle spalle? Non oso. Osservo. Qualcuno ha una busta di plastica attraverso la quale si intravedono due albicocche e, forse, un panino.

La stringe in una mano. Arriva il loro autobus. Caricano gli ingombranti pannelli nel bagagliaio. Mostrano il biglietto all'autista. Partono. Vorrei seguirli e fare la loro strada. Mi limito ad immaginarli. Tutto il giorno sulle spiagge tra bagnanti infastiditi e altri molesti che contratteranno sul prezzo. Li vedo tronfi e fieri delle proprie abilità di compravendita perché sono riusciti a spuntare un prezzo irrisorio.

Si orneranno colli, polsi e caviglie di perline colorate che metteranno in risalto la loro abbronzatura. Quel colore scuro faticosamente inseguito che tanto li infastidisce sull'altrui pelle, ma li fa sentire belli e vigorosi sulla propria.

E non capisco.

Indossare colori, ma non essere capaci di concepire una realtà multicolore e multiforme. Perché non capisco? Perché non riesco proprio a comprendere il loro punto di vista?

Forse perché i colori me li porto dentro e non ne manca nessuno.

Non sono perline, ma perle umane!

Lidia Martino

Democrazia Atea

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