Mio padre

Mio padre era ad Auschwitz il 2 Agosto del 1944, a Birkenau per la precisione, il più grande campo di sterminio che la storia ricordi.

Lavorava alla rampa del treno, il suo commando si chiamava Canada, era il gruppo di prigionieri che accoglieva, si fa per dire, i nuovi prigionieri, o schiavi, o morituri, che venivano “vomitati” dai carri bestiame che giungevano da tutta l’Europa occupata. In particolare in quell’orribile Agosto, giunsero ad Auschwitz circa 400.000 ebrei ungheresi, quasi tutti in poche ore gasati e poi ridotti in cenere.

Lo Zigeunerlager, il settore BIIe, era la parte del campo di Birkenau destinato alla detenzione della popolazione Rom, Sinti, Manush, Kalé e altre con diverse autodenominazioni. La particolarità per questo tipo di prigionieri, riconoscibili per il triangolo nero, appuntato sui gruppi cosiddetti asociali, era che a loro era permesso di rimanere insieme come gruppi familiari, cosa che come noto agli ebrei era ovviamente vietato. Pare che il motivo fosse la perversione del Dott. Mengele, crudele assassino perverso, per la ricerca tra di loro dei gemelli da sottoporre a bestiali esperimenti medici. Era una sorta di campo a se stante, ma abbandonato in condizioni bestiali.

Mio padre che lavorava proprio a ridosso delle loro baracche, ne conservava comunque un ricordo in parte dolce, forse perché riconosceva in loro la persistenza dei nuclei familiari che lui aveva perso, e forse anche perché ad alcuni di loro erano stati lasciati gli strumenti musicali, e insomma da quel campo emanava ancora un qualche anelito di vita paranormale.

Lo Zigeunerlager si ribellò a Maggio quando i nazisti avevano pianificato la loro eliminazione e riuscì ad evitare quella strage, ma non riuscirono però a fermare quella del 2 Agosto.

Mio padre se lo ricordava bene, la sera prima mentre lui lavorava alla banchina, loro erano ancora tutti lì. Nella notte i circa 3000 presenti furono tutti prelevati e gasati e bruciati. Per la sola colpa di essere nati.

La mattina mio padre tornò, ed era tutto silenzio. Di morte. Non dimenticherò mai il suo racconto. Non dimenticherò mai i circa 500.000 Sinti e Rom e le loro altre denominazioni eliminate dai nazisti nel Porraijmos, la loro Shoah.

Per me e per la mia famiglia i Sinti e i Rom sono sorelle e fratelli.

Emanuele Fiano

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