Il magistrato e il condannato: L'amicizia cresciuta oltre le sbarre

Ha debuttato al Festival delle Colline Torinesi in prima nazionale l’adattamento teatrale a cura di Simone Schinocca di “Fine pena ora”, racconto autobiografico di Elvio Fassone, ex-magistrato ed ex componente del Consiglio Superiore della Magistratura, sulla corrispondenza intrattenuta con Salvatore, detenuto che egli stesso aveva condannato all’ergastolo, che è continuata per 34 anni. 

Tra i due si intreccia un dialogo inatteso, con registri che rivelano diverse appartenenze: è una presa di coscienza per entrambi, lettera dopo lettera, uno squarcio sul mondo. È la storia di un’amicizia fuori dall’ordinario e dalle convenzioni, che solo una volta si è tradotta in un incontro di persona. E allora, come suggerisce la drammaturgia, è forse più semplice incontrarsi in sogno, al tempo delle illusioni intatte, e, mentre si sciolgono i nodi (14.000, uno per ogni giorno passato in cella), provocarsi a vicenda per riflettere sul senso della pena, su ciò che rimane quando la libertà è tolta (speranza? dignità?), sulla sete di vita che vince l’inedia, sul desiderio di azzerare e ricominciare, su quanto l’intorno modelli le nostre scelte: “se suo figlio nasceva dove sono nato io, adesso era lui nella gabbia”, scrive Salvatore al “Presidente”.

Un’opera che scuote e commuove, che fa emergere le contraddizioni e mette al centro l’uomo, in tutto il suo smarrimento, al di là del bene e del male. Perché “Mai un uomo, o un atto, è tutto samsara o tutto nirvana”: non a caso Fassone scelse di regalare “Siddharta” a Salvatore, 38 anni fa.

Fonte:  Fine pena: ora - 28 ottobre 2021

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