La gobba

Si racconta che intorno all’anno 1603 vivesse presso il Lambro sulla strada per Bergamo un fittavolo di nome Cristoforo De Magistris  soprannominato da tutti “il Gobbo” per la peculiare postura della sua schiena. In effetti in alcune carte ritrovate presso l’Archivio di stato di Milano nella descrizione del territorio di Crescenzago, tra  il Lambro ed il Naviglio Martesana, si legge dell’esistenza del “prato del gobbo” e della “vigna del gobbo“, facendo riferimento anche alla cascina in suo possesso, nominata ”la Gobba”. È del tutto probabile che dal soprannome di questo fittavolo, tutta la frazione abbia poi preso il nome di cascina Gobba. Oggi è una zona di tangenziali, strade e metropolitane che hanno spezzato tante e potentissime linee energetiche simili alle ”vie dei canti” se conoscete Chatwin. L’area fu abitata dall’uomo fin dalla preistoria. Alcune tribù di cacciatori seguivano il corso del Lambro e probabilmente passavano gli inverni in piccoli villaggi, aspettando la primavera per seguire mandrie di cervi e cinghiali. Sono state trovate tombe con diversi monili ed attrezzi di cinquemila anni fa. Le tribù nomadi hanno poi continuato per millenni a seguire queste linee energetiche lungo il Lambro, anche quando non ci fu più la necessità di cacciare, trasformandosi in piccole comunità stanziali di agricoltori. Gli spostamenti ed i pellegrinaggi attraverso le vie che passavano da Cascina Gobba continuarono anche in epoca romana. Un anonimo pellegrino che nel 333 d.C. scrisse un racconto del suo viaggio da Burdigala a Gerusalemme chiamato Itinerarium Burdigalense, raccontò la sua sosta presso le terre di Crescenzago. Penserete ad una strana coincidenza, ma la zona ancora oggi ospita piccole comunità nomadi di Rom che vanno e vengono dai vari parcheggi. Anche ieri sera passandoci ne ho vista una. Fino ad una decina di anni fa c’era un enorme campo Rom proprio vicino all’intersezione del Lambro con il Martesana. A metà degli anni novanta per un quotidiano locale, intervistai un’anziana signora Rom che leggeva il futuro nella sabbia e la fertilità nelle mani delle donne. Chiesi il motivo della presenza di così tanti Rom nella zona e lei mi diede una risposta che mi fece molto riflettere. Voi pensate che noi siamo vicini al vostro diavolo. Ma noi siamo antichi come la terra, i nostri rituali sono antichi come la terra. Noi sappiamo quali sono i luoghi sacri. Questa è una terra sacra e fertile. Qui abbonda acqua nel sottosuolo. Basta scavare nel punto giusto per bere. Voi avete dimenticato che l’acqua è vita. Oggi questa pratica è pericolosa anche per noi, perché avete modificato i corsi d’acqua del sottosuolo e li avete inquinati, così non possiamo più bere dai vecchi pozzi. Ma le nostre galline che scorrazzano libere e mangiano in questi prati fanno ancora due uova al giorno perché questo è un luogo sacro. E questo ricordo che me lo diceva anche mio nonno. Se qualcuno ha memoria il campo Rom fu sgomberato una decina di anni fa. Sgomberarono tutto: baracche, caravan, uomini, donne e bambini. Tutto tranne le loro galline che ancora oggi continuano imperterrite a scorrazzare lungo la ciclabile del naviglio e a fare uova in abbondanza.  

Passeggiate milanesi di Marco Leoni

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