A Napoli ci sono migliaia di altarini e murales dedicati a camorristi

Nelle strade di Napoli ci sono migliaia di luoghi dedicati a camorristi e rapinatori, boss e semplici soldati, cioè membri di basso grado dell’organizzazione criminale. Sono altarini, murales, fotografie, simboli realizzati in vari punti della città per commemorare i membri dei clan. Il numero è emerso da un’indagine condotta dalla polizia municipale di Napoli: «I primi risultati hanno lasciato attoniti anche noi», ha detto parlando con il quotidiano Il Mattino Agostino Acconio, responsabile dell’unità operativa antiabusivismo della polizia municipale di Napoli, «sono 15mila i luoghi individuati per ora nei quali sono esposti pubblicamente simboli, scritte o fotografie in memoria di un rappresentante di clan».

Il censimento comunque è ancora in corso, e quella di 15 mila altarini e murales è una stima preliminare. Quando sarà concluso, servirà alla polizia per avere un quadro completo e decidere eventuali interventi.

Il censimento degli altarini della camorra, concentrati soprattutto nel celebre quartiere Sanità, è stato deciso alcuni mesi fa. A gennaio, in occasione dell’apertura dell’anno giudiziario, il procuratore generale di Napoli Luigi Riello disse che i murales e gli altarini alla memoria di rapinatori e boss della camorra dovevano essere rimossi: «Sono una vergogna e la libertà di espressione non c’entra. Devono essere rimossi e lo stato deve impegnarsi per questo. È ora di mettere i valori al posto giusto. […] Con tutto il rispetto, chi ha perduto la vita commettendo reati non merita nessuna celebrazione».

Uno dei problemi che affronta la polizia locale nel censimento e poi nella rimozione degli altarini e dei murales è proprio che, dopo l’intervento, spuntano spesso di nuovo, nello stesso luogo o altrove. Molti riferimenti o simboli dedicati alla camorra sono poi vicini o mescolati a statue o altarini dedicati a Padre Pio, a San Gennaro o alla Madonna.

«Il fatto che quei murales continuino ad apparire», dice Francesco Borrelli, consigliere regionale campano di Europa verde, «è un guanto di sfida. Non bisogna farsi prendere dalla stanchezza, bisogna continuare a denunciare e a chiedere la rimozione di quei simboli. La rimozione di scritte, murales ed altarini della criminalità è soltanto il primo passo verso l’estirpazione della cultura e della propaganda camorristica».

(…) Saranno segnalate anche le tante cappelle votive fatte costruire come ex voto da camorristi scampati ad agguati. La pistola del nemico che si è inceppata, la mira sbagliata, il colpo non mortale meritano, nella tradizione dei clan, un omaggio che deve essere ben visibile da tutti.

Il Post

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