Gramsci chiamerebbe

Cari compagni... se tra di voi ci fosse ancora Antonio Gramsci. "Gramsci chiamerebbe un poeta a fare il ministro della cultura, non un barone universitario. Gramsci farebbe così. Chiamerebbe un lavoratore precario a fare il ministro del lavoro. Uno per il quale la precarietà non è una parola da pronunciare con la lacrima bensì una condizione per la quale si vive quotidianamente e per la quale non ci sono più neppure lacrime da versare. Gramsci farebbe così. Chiamerebbe un contadino, umiliato sulla sua terra costretto a vendere primizie a un decimo di quanto le rivende il suo mediatore. Lo chiamerebbe a fare il ministro dell’agricoltura. Gramsci farebbe così. Chiamerebbe la sorella di Stefano Cucchi o di una qualunque altra vittima che uscendo di casa, incontrando una divisa, in un modo o nell’altro non è tornata a casa viva. La chiamerebbe a fare il ministro, una persona che può parlare della giustizia perché ha conosciuto l’ingiustizia. Gramsci farebbe così. Chiamerebbe un pacifista, un cardiochirurgo che invece di fare i miliardi nelle cliniche svizzere, se ne va ad operare i bambini gratis in Africa e lo metterebbe a fare il ministro della difesa. Non un generale con i cannoni in mano e il mitra in tasca! Mettere un generale come ministro della difesa è come mettere un piromane a capo dei pompieri. Gramsci non farebbe così. Chiamerebbe un italiano, uno di quelli che è nato in italia ma che si è fatto 18 mesi di detenzione in un CIE solo perché figlio di stranieri. Si scuserebbe con quell’italiano e gli chiederebbe di fare il ministro degli esteri. Gramsci farebbe così. Chiamerebbe il parente di una vittima di una strage di stato a fare il ministro degli interni. Sì, Gramsci farebbe così…"

Ascanio Celestini  


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