Il treno russo: un modo di vivere

Se volete capire l’animo russo, comprate un biglietto per il famoso vagone-letto platzkart”, la terza classe del treno: questo suggeriscono le guide turistiche, ed è un ottimo consiglio. In Russia, il viaggio in treno è molto più di un semplice spostamento, e il treno non è solo un mezzo di trasporto, ma fin dai tempi dell’Impero, è un luogo dove succedono molte cose: ci si racconta i sogni nel cassetto, ci si scambia informazioni utili e futili, ci si innamora, si confessano persino i propri peccati. L’importanza culturale del treno deriva da tre fattori: le distanze infinite, il tempo libero e la mancanza di privacy.

Nel “kupe”, la prima e seconda classe, le porte proteggono dal corridoio ma si è in ogni caso in quattro, l’uno di fronte all’altro, due letti giù, due letti su. Nel vagone platzcart non c’è alcuna barriera per nascondersi, tutto è in vista. Ci sono anche due letti di fianco, quindi sarete sempre in sei per lungo tempo. Potrebbe essere un incubo per gli introversi, ma non è così: se uno non vuole parlare, nessuno lo costringe. Però è indubbio che sarete apprezzati se condividerete il cibo, mangerete insieme, magari proponendo le delizie portate da casa. Un set tipico del cibo portato dalla casa al treno: un pollo intero fatto al forno, uova bollite, pomodori, cetrioli, tanti buterbrod (panini), Tutto si accompagna con il the nei bicchieri sfaccettati di vetro portati nei bellissimi portabicchieri dalla “provodnitza”, cioè la cuccettista e l’autorità del vagone. Si può anche andare al vagone-ristorante, ma il cibo di casa vale di più in tutti sensi, gastronomico, psicologico e anche economico.

Mangiando viene più naturale presentare e raccontare le storie della propria vita. Una grande tentazione o un particolare che non avete detto mai a nessuno: perché i vicini sono degli sconosciuti e non li vedrete più. (Forse per questo la psicoanalisi ha fallito in Russia, chissà?)

Leonid Andreev scriveva: “Per le persone nel treno non c'è presente, il maledetto presente, che tiene il pensiero stretto in una morsa e le mani in movimento. Forse è per questo che, viaggiando in treno, si diventa filosofi.

Testo di Olga V. Petukhova

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