Le lettere dal carcere di Breivik: tormenta ancora le vittime di Utøya
(…) “È del tutto insostenibile che un assassino di massa possa inviare lettere alle sue vittime. Immagino che lo faccia per farci reagire in modo da attirare l’attenzione. La descrivo come una molestia. Vuole farci sapere che è lì e vuole spaventarci, in un certo senso”.
La strage risale al 22 luglio 2011. Breivik, all’epoca 32enne, portò avanti il suo piano omicida: prima un’autobomba nel centro di Oslo, fatta esplodere davanti all’ufficio del primo ministro norvegese, otto i morti; poi la carneficina dell’isola di Utøya, dove era in corso un campo estivo dei giovani socialisti. Qui i morti furono 69, per lo più ragazzi e ragazze tra i 16 e i 17 anni. Le nuove leve di quella sinistra multiculturalista che Breivik aveva scelto come bersaglio per sfogare il suo odio. Trucidati con un fucile a pompa, una mitragliatrice e una pistola automatica.
(…) “Ho un nodo allo stomaco. C’è qualcosa di assurdo in qualcuno che ti ha puntato un’arma contro, ha sparato e ha cercato di ucciderti, e ora ti manda una lettera. Ho sentito che il mio cuore si è fermato e la mia giornata è diventata pesante”, ha raccontato a NRK. (…)
Quanto a Breivik, a gennaio il tribunale sarà chiamato a decidere sulla libertà vigilata. Le sue chance sono praticamente nulle, visto che non si è mai pentito. Per la strage è stato condannato a 21 anni di carcere, la pena massima prevista in Norvegia.
globalist
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