Con le peggiori intenzioni

Quell’inclinazione era talmente irrefrenabile che anche a scuola presi a puntare le estremità delle mie compagne, per cinque ore consecutive. Talvolta le mie signorine sfoggiavano calze chiare e scarpe ballerine. Ma ecco, che, a un tratto, Monica Lambicchi, la mia vicina di banco, sublime racchietta con tanto d’occhiali e apparecchio, decideva ch’era giunto il momento, per inconscio diversivo, di tirare fuori il calcagno dalla scarpa. Bastava quel giochetto a inondarmi il ventre di dolore. Ebbene, quello spazio tra scarpa e calcagno era per me un luogo metafisico, degno della più assoluta venerazione, d’una nuova mistica: un luogo fuori dal tempo in cui lasciare confluire ogni aspirazione. Mi coglievo a sognare che nell’aula irrompesse il Benigno Dio di Israele desideroso di esaudire un nuovo desiderio: fermare il tempo e lo spazio a uso e consumo di questo figlio arrapatissimo. Mi vedevo planare tra le dormienti statue di cera dei miei compagni. Atterrare al fianco di Monica Lambicchi impietrita. Infilare il pene nella fessura oscura tra il piede e la scarpa e raggiungere in un attimo l’orgasmo. Risorgendo da quella deliziosa fantasticheria sentivo la virilità spingere dolorosamente sulla patta dei jeans.

- Alessandro Piperno

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