Riccardo

Riccardo è un ragazzone di quasi due metri, classe ’72; è il figlio più piccolo di una famiglia contadina di etnia mista italo – istriana. Nel 1990 parte per il servizio militare nell’aviazione, senza sapere che da li a poco la sua vita sarebbe cambiata radicalmente. I primi mesi scorrono lisci e Riccardo resiste allo stress emotivo della vita da camerata finché non incappa in quei terribili commilitoni che prendono il nome di “nonni” che lo bersagliano e lo umiliano arrivando in alcuni casi anche a picchiarlo. Riccardo entra in depressione finché non arriva il congedo per incompatibilità ambientale. Torna a casa stravolto e la diagnosi è impietosa: sindrome da schizofrenia paranoide. Riccardo sviluppa così un terrore verso la divisa e nel 1999 abbiamo il primo episodio di violenza poliziesca, preludio a quello del 2006, al quale viene sottoposto Rasman: un vicino chiama la polizia segnalando che Rasman ascoltava la musica a volume alto in macchina sotto le sue finestre. Dopo tre giorni si presentarono due poliziotti a casa di Rasman. La porta venne aperta dal padre al quale fu chiesto se il figlio fosse in casa. I due agenti chiesero la carta di identità ma subito dopo afferrarono Rasman per i polsi e con la forza cercarono di portarlo fuori. Rasman fece resistenza e i due agenti entrarono in salotto, colpendolo al volto. A quel punto il ragazzo prese una sedia per allontanarli mentre il padre impietrito gridava ai poliziotti di fermarsi. Con l’aiuto della sedia riuscì a spingere fuori i due agenti e chiuse la porta. Rasman nella colluttazione riportò come riportato dal certificato del pronto soccorso un trauma cranico e facciale. A ottobre 2006 un conoscente trova a Riccardo un posto da netturbino. Una notizia che per Rasman, emarginato dal paese per i suoi problemi, va festeggiata. Il 27 ottobre dopo aver trascorso il pomeriggio con i genitori torna nel suo monolocale per passare qualche ora prima di uscire con i suoi amici. In quel lasso di tempo l’unica cosa che riesce a fare è dare da mangiare al cane dato che viene ritrovata una scatoletta vuota all’interno dell’ abitazione. Sente scoppiare dei petardi fuori dalla sua finestra e forse spaventato esce sul terrazzino per vedere cosa stesse succedendo. I vicini lo vedono sul terrazzo ricollegando lo scoppio di quei petardi a Rasman e chiamano la polizia che intima al ragazzo di aprire la porta ma il Rasman anche per la mente sovraccarica dall’euforia risponde “se entrate vi ammazzo”. I due agenti intervenuti chiedono allora l’intervento di un’altra volante e dei vigili del fuoco. Al loro arrivo i vigili del fuoco sfondano la porta e i poliziotti fanno irruzione nell’appartamento di Riccardo, che reagisce violentemente e innesca così una furiosa colluttazione. Ci vuole poco a bloccarlo. Lo ammanettano, lo comprimono sul pavimento, lo colpiscono con calci e pugni, con i manganelli, forse con lo stesso piede di porco usato per sfondare la porta e il manico di un’ascia. Gli viene rotta una sedia sulla schiena, che sparirà inspiegabilmente dalla stanza, che lascia su Riccardo vistosi segni ematici riscontrati poi da tre diversi medici Con l’ausilio dei vigili del fuoco lo imbavagliano e gli legano le caviglie con il fil di ferro. Riccardo troverà la morte per asfissia da posizione. Dei quattro poliziotti che hanno concorso colposamente alla morte di Riccardo solo tre verranno condannati in primo grado per omicidio colposo con una condanna che ammonta a 6 mesi con la condizionale. Successivamente anche la Corte di Cassazione ha confermato le sentenze precedenti rendendo definitiva la condanna per omicidio colposo nei confronti dei tre agenti.

Nel 2015, inoltre, il ministero dell’Interno e gli stessi tre agenti sono stati condannati a risarcire con 1milione e 200mila euro la famiglia Rasman.

ACAD Associazione contro gli abusi in divisa Onlus


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