Fabrizio Ceruso

IN RICORDO DI FABRIZIO CERUSO, UCCISO DALLA POLIZIA L’8 SETTEMBRE DEL 1974 A SAN BASILIO MENTRE MANIFESTAVA PER IL DIRITTO DI TUTTI AD AVERE UNA CASA

Era il 1974. Fabrizio Ceruso aveva 19 anni. Originario di Tivoli, vicino all’Autonomia operaia, padre netturbino e madre casalinga. Finito l’alberghiero, era andato a lavorare in Francia; giusto il tempo di mettere da parte qualche soldo e tornò in Italia. Serviva infatti una mano alla famiglia per il trasloco: avevano ottenuto finalmente una casa popolare dopo anni di attese. Ce l’avevano fatta, loro, a differenza di altri. Mentre palazzinari e affaristi si arricchivano, nelle borgate romane ottenere la casa popolare era diventata una vera e propria chimera. I Ceruso ce l’avevano fatta, ma per Fabrizio non importava: bisognava lottare affinché tutti potessero avere la tranquillità di un tetto sulla testa. In quegli anni occupazioni e sgomberi si susseguivano a grande ritmo. La borgata di San Basilio era uno dei punti caldi di Roma e teatro, nel settembre del 1974, di una grande rivolta per il diritto alla casa. Quando le FdO giunsero nel quartiere per sgomberare centinaia di famiglie iniziò una vera e propria battaglia. La polizia attaccava con manganelli, lacrimogeni e colpi di arma da fuoco. Venne ferita persino una bambina di 12 anni: la rabbia di San Basilio allora esplose completamente. Gli abitanti del quartiere alzarono barricate e si difesero come possibile, mentre arrivavano di continuo rinforzi dagli altri quartieri della capitale. Partirono sassaiole e molotov: la battaglia infuriò per giorni interi.

Fabrizio l’8 era lì, tra quelle barricate, giunto subito dopo il trasloco. La polizia spara e non a salve: in via Fiuminata una pallottola raggiunge proprio Fabrizio. Lo centra nel petto. Arriva un taxi che carica Fabrizio e alcuni suoi compagni, come viene ricordato in questa testimonianza:

“Non aveva più il casco rosso che portava in testa quando lo vidi cadere. Non era più a pochi passi da via Fabriano e a dieci metri da me e Roberto che correvamo dietro di lui su via Fiuminata. Eravamo davvero matti a sfidare, in quel momento solo con qualche sasso, i lacrimogeni e le pallottole delle forze dell’ordine. Ma forse erano più matti coloro che componevano il quinto governo Rumor, cioè i massimi responsabili politici della morte di Fabrizio Ceruso”.

“Al Policlinico! Al Policlinico!”, urlò uno di loro al tassista.

“Corri! Corri!”, disse un secondo passeggero.

“Hanno ammazzato mio fratello!”, esclamò un altro durante il tragitto verso l’ospedale.”

Fabrizio morì poco dopo. “Hanno ammazzato mio fratello”, non un fratello biologico ma un fratello di sangue, un fratello che diede la sua vita per chi non aveva qualcosa che lui e la sua famiglia naturale avevano già: una casa. Non morì invano: Il giorno dopo nel consiglio regionale del Lazio assegnò di diritto un’abitazione alle famiglie che per bisogno avevano occupato una casa prima dell’8 settembre.

Cannibali e Re

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