Il razzismo nell'ottocento: tra scienza e sangue
Nel corso del secolo numerosi altri pensatori perfezionarono la sintesi di De Gobineau e introdussero nuovi aspetti nell’ambito delle teorie razziali. Dalla seconda metà dell’Ottocento, inoltre, il razzismo cercò di consolidarsi su basi scientifiche, prima sfruttando la fisiognomica e poi sfruttando le teorie darwiniane. Concetti come la selezione naturale e la sopravvivenza del più adatto vennero estrapolati e piegati ad uso e consumo dei razzisti. Attraverso la deformazione del darwinismo sociale e sfruttando le nascenti conoscenze sull’ereditarietà dei caratteri venne codificata una forma di razzismo che postulava la sopravvivenza e il dominio dei più forti e sani, la cui proliferazione andava incentivata e selezionata.
L’avvento dell’eugenetica fu l’ultimo passo di questo percorso nato dalla contaminazione di scienza e razzismo. Nata in Inghilterra, questa disciplina si diffuse ben presto in altre nazioni europee postulando la necessità di rendere i popoli adatti alla sopravvivenza attraverso programmi di igiene razziale che avrebbero contribuito alla diffusione delle qualità considerate positive e alla soppressione di quelle negative.
Insieme alla biologia razziale nasce nell’Ottocento anche una forma di razzismo mistico, che mescolava retaggi mitologici e uno spiritualismo legato all’idea del sangue. Questo razzismo, che somigliava a una sorta di religione millenaristica, ebbe una certa diffusione in Germania e si contraddistinse per l’esaltazione della tradizione rurale e la condanna della modernità. Le caratteristiche peculiari del razzismo mistico lo portarono a rifiutare l’idea del miglioramento della razza mediante l’eugenetica come propugnava quello biologico e, viceversa, a postulare una guerra tra razze come lotta tra il bene e il male, come momento purificatore.
Queste sono le basi sulle quali nel Novecento le teorie razziali saranno messe definitivamente in pratica.
Cannibali e Re
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