Pietro Ferrero

PIETRO FERRERO, SEGRETARIO DELLA FIOM, FU LEGATO A UN CAMION E TRASCINATO DAI FASCISTI PER IL CORSO DI TORINO. FU UNA DELLE 11 VITTIME DEGLI OMICIDI POLITICI CHE DAL 18 DICEMBRE DEL ‘22 INSANGUINARONO LA CITTÀ. NEL DOPOGUERRA IL FASCISTA PIETRO BRANDIMARTE CHE LI AVEVA RIVENDICATI FU ASSOLTO E RICEVETTE GLI ONORI MILITARI

Con la marcia su Roma e Mussolini alla presidenza del Consiglio il fascismo inizia il suo percorso di occupazione delle istituzioni. In questo quadro gli squadristi di tutta la penisola si sentono ancora più legittimati a compiere le azioni punitive che avevano caratterizzato il PNF fin dai suoi esordi. A Torino il 17 dicembre 1922 Francesco Prato, giovane militante comunista, viene atteso in strada da tre fascisti che gli sparano, colpendolo ad una gamba; il ragazzo, seppur ferito, riesce a reagire e a rispondere al fuoco, uccidendo due degli assalitori.

Appena la notizia diventa di dominio pubblico Pietro Brandimarte, a capo dello squadrismo torinese, promette vendetta. Prato viene fatto fuggire dall’Italia e così i fascisti decidono di rifarsi sui militanti antifascisti più noti in città.

Il primo a cadere è Carlo Berruti, ferroviere e consigliere comunale comunista, che viene rapito, portato nelle campagne e freddato con alcuni colpi alla schiena. Poi è la volta di Leone Mazzola, oste in via Nizza e socialista, accoltellato e ucciso a colpi di pistola perché ha cercato di impedire la bastonatura di un compagno nel suo locale. Nello stesso frangente è ucciso Giovanni Massaro, operaio con problemi psichiatrici senza fede politica: fugge dall’osteria durante il trambusto, viene rincorso e ammazzato nella sua dimora, lì vicino.

La sera del 18 sono uccisi Matteo Chiolero e Andrea Chiomo. Entrambi sono militanti comunisti, il primo è colpito sull’uscio di casa dopo aver aperto il portone, con l’intera famiglia alle spalle. Il secondo viene preso a casa di amici, trascinato in strada e colpito con una fucilata: rimane per ore in agonia e quando arrivano i soccorsi è ormai tardi. Poi è la volta di Pietro Ferrero, già sindacalista rivoluzionario, segretario della Fiom e protagonista dei moti di Torino che viene bastonato, picchiato selvaggiamente e poi legato a un camion, trascinato per la strada e lasciato morto sotto la statua di Vittorio Emanuele.

Nella stessa notte sono uccisi anche Erminio Andreoni e Matteo Tarizzo, rispettivamente fuochista e operaio FIAT. Il 19 è la volta di Angelo Quintagliè, ferroviere, colpevole solo di aver speso parole di dolore per la morte del collega Berruti e di Cesare Pochettino, artigiano senza simpatie politiche. Nella notte tra il 19 e il 20 viene anche ucciso Evasio Becchio, operaio comunista, prelevato in un’osteria e ammazzato a colpi di moschetto.

Nel dopoguerra Brandimarte, che aveva rivendicato gli omicidi pubblicamente, viene assolto in appello. Alla sua morte un reparto di bersaglieri rende onore alla sua salma.

Cronache Ribelli 

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