Giuseppe Fava

“Mi rendo conto che c'è un'enorme confusione sul problema della mafia. I mafiosi stanno in Parlamento, i mafiosi a volte sono ministri, i mafiosi sono banchieri, i mafiosi sono quelli che in questo momento sono ai vertici della nazione.”

Così scriveva Giuseppe Fava, giornalista “scomodo”. Un giornalista che faceva troppe domande, indagava, trovava nessi impronunciabili tra mafia, potere economico e politica. E puntava il dito contro un vero e proprio “groviglio di serpenti”. 

Dirigeva Il Giornale del Sud con coraggio e spirito libero, ma i suoi articoli contro la base missilistica di Comiso, le denunce contro i boss locali, il suo non piegarsi a nessun tipo di potere, gli attirarono le ostilità dei nuovi editori che lo licenziarono. Nuovi editori che, guarda caso, erano amici dei boss mafiosi di cui Giuseppe Fava scriveva.

La sua fede nella forza del giornalismo d’inchiesta lo portò a indebitarsi per fondare un suo giornale dove poter scrivere liberamente: I Siciliani. Qui accusò pubblicamente imprenditori e politici catanesi di essere collusi con la mafia, in particolare con il boss Nitto Santapaola. Non usava mezzi termini Giuseppe Fava, ma tutto questo negli anni Ottanta nessuno lo voleva sentire. Lui però continuava a scrivere quello che nessuno voleva dire e per questo pagò un prezzo troppo alto.

I soliti noti provarono a fermarlo, cercando di comprare il suo giornale. Ma Giuseppe Fava rifiutò decisamente, pur sapendo che il suo destino, probabilmente, era ormai segnato: 

“Tanto, lo sai come finisce una volta o l'altra: mezzo milione a un ragazzotto qualunque e quello ti aspetta sotto casa”.

E purtroppo aveva drammaticamente ragione: 

Il 5 gennaio del 1984, uscito dalla redazione del suo giornale, salì in macchina. Doveva andare a teatro, ma un sicario della mafia (mandato da Nitto Santapaola, come accerterà la Corte di Cassazione nel 2003) lo uccise con cinque colpi di pistola.

Ucciso per quello che aveva avuto il coraggio di scrivere. Ennesima vittima della mafia, in un paese in cui dire la verità è sempre troppo pericoloso. Ma come scriveva Giuseppe Fava:

“A che serve vivere, se non c’è coraggio di lottare?”

La farfalla della gentilezza

Oltre a essere un giornalista coraggioso Fava era anche uno scrittore, drammaturgo e saggista, e forse il modo migliore per ricordarlo è proprio attraverso i suoi tanti libri, non solo saggi sulla mafia ma anche testi teatrali e romanzi come Gente di rispetto o Prima che vi uccidano.


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