Al-Zawiya

(…) numerosi reportage giornalistici e relazioni di organizzazioni umanitarie, hanno denunciato fatti gravissimi compiuti dai carcerieri che, avrebbero il dovere di proteggere le giovani donne. In particolare, si apprende di due minorenni somale che, dopo reiterate violenze sessuali e torture disumane da parte dei carcerieri, tentano più volte il suicidio. Noi come organizzazione umanitaria siamo a conoscenza di molte storie, strazianti ed inaccettabili, di alcune migranti alle quali abbiamo prestato assistenza. Pertanto, vogliamo sottoporre alla Vostra attenzione la storia, a lieto fine, di una giovane della Sierra Leone, che può essere testimonianza dei crimini commessi nei campi governativi libici . M.K. fu portata in Tunisia, dopo un naufragio, da una nave di salvataggio, in cui persero la vita 53 persone. L’equipaggio di salvataggio portò la giovane donna e un bambino di sei anni, rimasto orfano, in un ospedale di Tunisi con la promessa di ritornare a riprenderli dopo 3 giorni. Tuttavia, l’equipaggio non fece ritorno. M.K, quindi, fece domanda d’asilo e dopo otto mesi di attesa, ebbe risposta negativa . Per tale ragione, la giovane donna fu costretta a ritornare in Libia nei campi di al-Zawiya. M.K. arrivò al campo nel 2018, insieme ad altre quattro donne giovanissime e fu chiesto loro un riscatto di 1000 euro . La giovane, tuttavia, non aveva la possibilità di pagare e per questo, fu torturata e violentata dai carcerieri . Dopo alcuni mesi, la ragazza seppe di essere rimasta incinta di due gemelli in seguito ad uno stupro. Nonostante la gravidanza, però, M.K. veniva violentata tutti i giorni. Questo era il prezzo da pagare per avere un po’ di cibo, per potere andare in bagno e per potere essere lasciti in pace per un po’. Nel campo di al-Zawiya, c’erano anche altre giovani donne in gravidanza che venivano abusate. “La notte, ricorda M.K., si sentivano pianti ed urla disumane provenienti dalla “stanza delle torture ”. Una notte, addirittura, una sua compagna fu lasciata partorire da sola, fuori dal campo, e del piccolo neonato non si ebbero più notizie dopo la sua nascita. Tuttavia, le condizioni di salute di M.K si aggravarono e fu portata in Tunisia, dove trovò l’assistenza di un medico di nome Dr Mongi Slim. Il dottore della Mezzaluna Rossa tunisina fu per lei un sostegno medico ma soprattutto umano. Durante la sua permanenza in ospedale, la giovane incontrò una giornalista svedese che decise di salvarle la vita, aiutandola a riaprire il suo fascicolo tramite UNHCR. Nel 2019 M.K. ottenne lo stato di rifugiata in Svezia e da allora aspetta di essere insediata insieme ai suoi figli. Ci domandiamo, quindi, alla luce di questi orrori commessi, come un governo può tradire, attraverso il memorandum d’intesa Italia - Libia, i valori fondamentali che il nostro ordinamento tutela e la nostra Costituzione difende. (…) Di fronte all’orrore delle torture e delle violenze fisiche che le donne subiscono tutti giorni, noi non vogliamo chiudere gli occhi ma ci sentiamo in dovere di lottare e di chiedere al Parlamento italiano di prendere posizione contro i lager libici, di interrompere i finanziamenti e le missioni di addestramento alla Guardia costiera Libica.

(Operatori Sanitari nel Mondo)

Commenti

Etichette

Mostra di più