Troppi paradisi

Lampedusa è fatta come la tolda di una nave in secca, leggermente inclinata su un fianco; alta sulle rocce da un lato, dall'altro sfiora l'acqua. Spazzata da venti incessanti, solo poche palme riescono a crescervi; il resto del terreno è coperto dai “cipollacci”, liliacee dal fiore bianco e dal lungo collo di cigno. Ne attraversiamo in scooter le grandi distese, diretti alla Spiaggia dei Conigli. Acqua più bella che in Sardegna, turchese chiaro da lontano e da vicino di una trasparenza assoluta, come se fosse aria liquida. Le barche ancorate a pochi metri dalla riva sembrano sospese nel vuoto. […] dall'altoparlante di una roulotte che vende arancini giunge una nenia tristissima, «lunaa… luna di Lampedusaaa…»; ascolto al telegiornale di cento tunisini arrivati su una carretta del mare, una donna incinta ha perso il bambino nello sbarco. I turisti cominciano a non volere pesce al ristorante perché temono sia inquinato dai troppi cadaveri non ripescati che vagano intorno all'isola.” 

— Walter Siti, , B.U.R., 2015 (1ª ed.ne 2006); pp. 101-02.


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