Accabadora

Uscirono nel giardino che circondava la scuola, e camminarono fra le aiuole fiorite senza curarsene, attente soprattutto l'una all'altra. Bonaria osservava la maestra con brevi occhiate dirette, Luciana si limitava a guardare di tanto in tanto il profilo segnato di quella donna, quando pensava di non essere vista. – È strano sa, questa cosa del figlio d'anima. – Perché è strano? – il tono di Bonaria era inespressivo. Maria non sembra averne affatto risentito. Vede spesso la sua famiglia d'origine? – Sì, ogni volta che lo chiede. Perché doveva risentirne? Luciana Tellani rispose di getto, come se quella frase se la fosse rimuginata da molto prima, nell'attesa che la vecchia si presentasse all'appuntamento. – Non lo so, è che mi sorprende che per esempio, quando le chiedo di fare un disegno dei suoi genitori, Maria disegni lei, e non la vera madre. 

Bonaria non mostrò sorpresa a quella rivelazione, e rimase in un silenzio che invitò l'altra a proseguire imbarazzata. – Be’, è che mi sembra una cosa così insolita che una bambina venga sottratta. consensualmente, per carità, ma comunque che venga via dalla famiglia così, senza mostrare traumi. – Non è strano, in questa zona succede ogni tanto, se va a Genari ci sono almeno tre fillus de anima, una ha all'incirca l'età di Maria –. Bonaria si fermò per ribadire il concetto: – Non è strano. La piemontese non sembrò convinta, ma lì per lì non aggiunse altro. Fecero scivolare il discorso sui risultati scolastici meno brillanti della bambina, e una volta tornate alla porta della classe la maestra fece per congedarsi. Ma Bonaria aveva un'ultima domanda. – Volevo chiederle, a proposito dei disegni che fa Maria. cosa intende esattamente quando dice che dovrebbe disegnare la vera madre? 

La maestra rimase interdetta, dallo sguardo più ancora che dalle parole dell'anziana sarta. – Non mi fraintenda, mi riferivo alla madre naturale, non volevo certo svilire il vostro rapporto. – La madre naturale, per Maria, è quella che lei disegna quando le chiedono di disegnare sua madre. Forse fu il tono della vecchia, così lieve e pacato. O forse lo sguardo, assolutamente vitreo su di lei, come se le guardasse attraverso. In ogni modo, Maestra Luciana reputò più saggio non replicare, stringendo le labbra in una rigida parodia di sorriso. Le due donne si separarono in un silenzio reso pesante da una tensione ambivalente: una di loro rimpiangeva di non aver detto abbastanza, proprio dove l'altra era convinta di aver sentito anche troppo. 

Michela Murgia, Accabadora, Einaudi (collana Super ET), 2014; pp. 21-23. [1ª Edizione originale: Einaudi (collana Supercoralli), 2009]

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