Aveva fatto anche cose buone
Tutti furono caricati su un treno merci destinazione Prussia Orientale. Al Brennero un suo commilitone si sporse per cercare un po’ d'acqua: fu aperto in due da una mitragliatrice. Mio padre rimase chiuso in quel campo un anno e mezzo. Ne uscì che pesava 38 chili. Tutto questo lo so perché un giovane di grande cuore, Giacomo Bollini, ha recuperato al distretto militare le sue lettere mai arrivate a casa.
La prima veniva da Treviso, era indirizzata alla sua fidanzata di allora, e si chiudeva così: “Viva il re, viva Badoglio, abbasso i fascisti”. La seconda dallo Stalag, inviata alla famiglia. Era su carta destinata agli internati. Mentiva a fin di bene: “Mi trattano bene, mangio. Tornerò”. In quel campo sono morte oltre dodicimila persone, principalmente russi, cui - mio padre me lo raccontò quando tornammo a Köstrin - erano destinate le baracche peggiori. Senza fondamenta. “Vedi, questi canaloni erano pieni di cadaveri”.
Sono molto orgoglioso di lui, della bella persona che diventò, del coraggio di non mettere la divisa sbagliata quando gli sarebbe valsa la salvezza, a rischio della fucilazione. Lo scrivo perché ho già raccontato per sommi capi questa storia, e mi ritrovo adesso con qualche troll fascistello che accusa mio padre, il mio splendido padre, che mi manca come l'aria, di essere stato un “imboscato di guerra”. La presente per ribadire che potete scrivere quello che volete, ma sempre topi di fogna restate.
E ringraziare tutti gli italiani che finirono a mangiare bucce di patate in mezzo al filo spinato per la follia omicida di quello che “aveva fatto anche cose buone”…
Luca Bottura
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