Factotum

Successe dopo una giornata di dodici ore. Mi ero infilato la giacca, ero salito su dalla cantina, mi ero acceso una sigaretta e stavo andando giù per il corridoio verso l’uscita quando sentii la voce del capo: «Chinaski!». «Sì?». «Vieni un attimo dentro». Il capo stava fumando un lungo sigaro costoso. Sembrava tranquillo, riposato. «Questo è il mio amico Carson Gentry». Anche Carson Gentry fumava un lungo sigaro costoso. «Anche Mr. Gentry è uno scrittore. Gli piace molto scrivere. Gli ho detto che eri uno scrittore e ha detto che voleva conoscerti. Non ti dispiace, vero?». «No, non mi dispiace». Restarono entrambi seduti a guardarmi e a fumare il sigaro. Passarono sette minuti. Inalavano, esalavano, mi guardavano. «Vi dispiace se me ne vado?» chiesi. «No, no, vai pure», disse il capo. Tornavo sempre a piedi alla pensione, distava solo sei o sette isolati. Gli alberi lungo la strada erano tutti uguali: piccoli, contorti, gelati, senza foglie. Mi piacevano. Camminavo sotto la luna fredda. Continuavo a pensare alla scena dell’ufficio. I sigari, i bei vestiti. Pensai a una bella bistecca, a una lunga corsa in macchina su per un viale tortuoso fino a una bella casa. 

Comodità. Viaggi in Europa. Belle donne. Erano tanto più intelligenti di me? L’unica differenza fra noi erano i soldi, e il desiderio di accumularli. L’avrei fatto anch’io! Avrei risparmiato anche i penny. Mi sarebbe venuta un’idea e mi sarei fatto finanziare. Avrei assunto e licenziato. Avrei tenuto una bottiglia di whiskey nel cassetto della scrivania. Avrei avuto una moglie con due tette taglia 50 e un culo che avrebbe fatto sborrare nei pantaloni il giornalaio all’angolo, quando l’avrebbe visto in movimento. L’avrei tradita e lei l’avrebbe saputo e sarebbe stata zitta per continuare a vivere nella mia casa coi miei soldi. Avrei licenziato la gente solo per vedere che faccia facevano. Avrei licenziato donne che non si meritavano di essere licenziate. Ecco di che cosa aveva bisogno un uomo: speranza. Era l’assenza di speranza a scoraggiare un uomo. Ricordai i giorni di New Orleans, quando mangiavo solo due tavolette di cioccolata da cinque cents al giorno per aver tempo di scrivere. Ma purtroppo morir di fame non faceva diventare veri artisti. Anzi. L’anima dell’uomo ha radici nello stomaco. 

Chiunque scrive molto meglio dopo una bistecca di manzo e una pinta di whiskey che non dopo una tavoletta di cioccolata da cinque cents. Il mito dell’artista morto di fame è una balla. Quando ci si accorge che sono tutte balle si comincia a farsi furbi e a succhiare il sangue dei propri simili. Avrei costruito un impero sui corpi spezzati e sulle vite rovinate di uomini, donne e bambini indifesi… gliel’avrei messo in culo quant’era lungo. Gliel’avrei fatta vedere io! Ero arrivato alla pensione. Salii le scale fino alla porta della mia stanza. Aprii la porta, accesi la luce. Mrs. Downing aveva messo la posta vicino alla porta. C’era una grossa busta marrone di Gladmore. La raccolsi. Era piena di manoscritti rifiutati. Pesava. Mi sedetti e la aprii. Egr. Mr. Chinaski: Le rimandiamo questi quattro racconti ma teniamo La mia anima strafogata di birra è più triste di tutti gli alberi di Natale morti del mondo. 

Seguiamo il suo lavoro da molto tempo e siamo molto lieti di accettare questo racconto. Sinceramente, Clay Gladmore. Mi alzai in piedi con il bigliettino di accettazione in mano. IL PRIMO. Dalla rivista letteraria numero uno d’America. Il mondo non mi era mai sembrato così bello, così pieno di promesse. Mi avvicinai al letto, mi sedetti, rilessi il biglietto, studiai ogni svolazzo della firma autografa di Gladmore. Mi alzai, mi avvicinai al cassettone con il biglietto in mano, ce lo appoggiai. Poi mi svestii, spensi la luce e andai a letto. Non riuscivo a dormire. Mi alzai, accesi la luce, mi avvicinai al cassettone e rilessi il biglietto: Egr. Mr. Chinaski… 

Charles Bukowski, Factotum, Ugo Guanda editore (Collana Narratori della Fenice), 2006; pp. 45-47. [Edizione originale: Factotum, Black Sparrow Press, Los Angeles, CA, 1975 ]

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