Giovanni e Paolo

Caponnetto mostra le lettere di ragazzini che, da varie parti d'Italia, gli chiedono: cosa fare? «Difficile rispondere. Noi l'esempio l'abbiamo dato e non sarà certo il tritolo a cancellarlo. A Palermo, accanto alle bare di Giovanni e di Paolo, ho visto tanti giovani colleghi che mi hanno detto di voler seguire il loro esempio. Per le strade di Palermo e poi in tutta Italia ho sentito rabbia, dolore e voglia di ribellione. Credo che la morte di Giovanni e di Paolo possa segnare l'inizio della fine del potere mafioso, come avvenne per il terrorismo dopo l'uccisione di Aldo Moro». Fa un gesto con le mani, come a voler aiutare le parole ad uscire di bocca: «Noi abbiamo cercato, con il nostro lavoro, di servire il Paese e di svegliarne la coscienza civile. Non è facile, ma l'unica strada è quella di continuare a fare ciascuno il proprio dovere». Parola di un settantenne combattente italiano che, figlio dell'antifascismo, ha ricominciato solo adesso a militare in una nuova resistenza. 

Antonio Roccuzzo, Gli uomini della giustizia nell'Italia che cambia, Laterza (collana I Robinson), 1993¹; pp. 132-33.

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