Voci dal lager
Sono nove giorni che siamo sballottati da un punto all’altro viaggiando nelle condizioni più pietose, per raggiungere, forse, Mauthausen. Partiti da Roma martedì, abbiamo fatto tre giornate di treno, con lunghe soste notturne nei binari morti. Disastrosa la sosta nel Brennero, dove con clima artico si era costretti a stare seduti per terra, ammucchiati nei carri bestiame, gelidi, e dove alcuni compagni ebbero sensazione di congelamento. Arrivammo alle 7 di sera a Dachau presso Monaco di Baviera, e incolonnati, con un suolo gelato, dovemmo fare ancora una marcia di otto chilometri (Dachau, triste campo di internamento, è famoso per la campagna giornalistica contro i metodi di sevizie ivi usati). Tre giorni di sosta, alloggiati nel salone dei bagni, dove ci si sdraiava per terra, ma non ci si poteva neppure distendere. La prima sera i guardiani cercarono di terrorizzarci con urli e minacce, chiamandoci ladri e sporchi, e minacciandoci di farci passare la notte, nudi, nel cortile esterno. Schiaffi, calci, scudisciate per un nonnulla. Dopo le undici, abbiamo ricominciato l’odissea verso ignota destinazione. Durante la nostra sosta a Dachau, sono giunti una sera una quindicina di italiani che venivano da altri campi: scheletriti, affamati, alcuni in barella; scena sottoposta ai nostri occhi per scoraggiarci. Ma il nostro morale è sempre alto e la certezza del ritorno sicura (). Pare che non ci sia consentito scrivere, ma ho fede di ritornare, perché ho la coscienza a posto e la volontà di vivere. Ti bacio affettuosamente coi bambini. Tutti i miei saluti cari agli amici, che, sono sicuro, non ti abbandoneranno.
Filippo D’Agostino, 13 gennaio 1944 in Voci dal lager, a cura di M. Avagliano e M. Palmieri, Einaudi 2012.
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