Opicina

LE 71 VITTIME DELLA STRAGE NAZISTA DI OPICINA.... Opicina è tra le frazioni principali sul Carso di Trieste. Spesso anche conosciuta come Villa Opicina o Poggioreale del Carso. Il paese è da sempre abitato in prevalenza da popoli di lingua slovena. Nel 1944 si contavano circa 3.000 abitanti. Tra questi più di 150 aderirono alle unità partigiane, altri 84 invece furono militanti antifascisti. Il paese in sostanza rappresentava l’anello di congiunzione fra le brigate partigiane del Carso e il movimento di liberazione di Trieste. Il 2 aprile del 1944, nel cinema di Opicina, venne fatta esplodere una bomba. Dalle prime notizie si parlava di 7 soldati tedeschi morti. Il giorno seguente, la mattina del 3 aprile, dalle carceri giudiziarie di via Coroneo a Trieste, furono prelevati 72 prigionieri politici. Vennero condotti presso il poligono di Opicina e fucilati per vendicare le perdite del giorno prima. Uno fra di loro si salvò. Il suo nome era Stevo Rodic, aveva 20 anni. Quando iniziarono gli spari il giovane cadde a terra; si accorse di essere ancora vivo e che il sangue che scorreva sul suo viso non era il suo, ma quello di un suo amico. I tedeschi si avvicinarono ai caduti per dare il colpo di grazie a coloro che si lamentavano. La pallottola destinata a un compagno lo colpì a una gamba. Rimase immobile. I tedeschi ricevettero l’ordine di rimanere di guardia fino all’arrivo dei camion per il trasporto delle salme. Si fece notte e Stevo colse l’occasione per allontanarsi. Dopo qualche giorno riuscì a mettersi in salvo e una volta guarito si unì alla resistenza. Le vittime erano in gran parte giovani: uno aveva 16 anni, cinque ne avevano 17, tre 18 e numerosi altri tra 19 e 24 anni, mentre il più anziano ne aveva 60; tra loro una ragazza di vent’anni. Provenivano da Monfalcone, Trieste, Pola e altre località dell’Istria, dalla valle del Vipacco e dalla zona di Fiume e del Quarnero. I presunti artefici dell’esplosione furono identificati in Mirdamat Sejdov e Methi Husein Zade, due partigiani azeri, disertori della Wehrmacht in cui erano stati forzatamente arruolati, per poi passare nelle file partigiane dell’esercito jugoslavo di liberazione. Camuffati da soldati tedeschi i due partigiani riuscirono ad accedere al cinema, e dopo aver piazzato l’esplosivo sotto alcuni sedili si allontanarono dall’edificio dileguandosi. In una rapporto dei Carabinieri del 6 maggio 1944, redatto nella stazione locale circa un mese dopo l’attentato, si leggeva che la bomba era esplosa circa alle 22:00. La deflagrazione aveva provocato la quasi totale distruzione del cinema. I Carabinieri, subito intervenuti nel luogo dell’attentato, furono bloccati e allontanati in fretta dalla Gendarmeria tedesca. Un mese dopo l’esecuzione dei 71 prigionieri si seppe che, dalle prime indagini, emerse che solo 2 furono le vittime accertate fra i militari tedeschi estratti dalle macerie del cinema. Delle altre 5 vittime e dei feriti più o meno gravi si sa poco, eccetto per un corpo, riconosciuto come quello della giovane di anni 21 Ida Chersevan, abitante del posto, che stava assistendo allo spettacolo. Il giorno seguente, 4 aprile, venne messo in funzione per la prima volta il forno crematorio della Risiera di San Sabba, proprio per cancellare ogni traccia delle 71 vittime del poligono di Opicina. 

 Articolo di Rosella Reali - Viaggiatoriignoranti

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