I miliziani di Daesh

IL 26 GENNAIO DI SETTE ANNI FA KOBANE VENIVA LIBERATA. UN RICORDO DELLA BATTAGLIA E DI ARIN MIRKAN, CHE CON IL SUO SACRIFICIO DISTRUSSE UN CARRO ARMATO E UCCISE UNA DOZZINA DI MILIZIANI DI DAESH 

Alle spalle, la Turchia, da sempre ostile. Di fronte, l’avanzata dei miliziani di Daesh o ISIS, com’è meglio noto in Occidente. In mezzo, Kobane. Un nome che è ormai molto più che il toponimo di una cittadina di circa cinquantamila abitanti. A parte della primavera del 2014, infatti, la città entrò nelle mire dello Stato Islamico che intendeva impossessarsi di tutto il cantone omonimo. Miliziani ISIS confluirono da tutti i fronti verso Kobane: erano circa diecimila, con decine di mezzi, carri armati, pezzi di artiglieria, mortai e armi pesanti. A difendere la città vi erano le YPG e le YPJ (unità di protezione del popolo e delle donne). Circa due migliaia di combattenti, rafforzati in autunno da Peshmerga, militanti del PKK e altre forze giunte per soccorrere la città. Dopo la conquista di parte del cantone di Kobane, tra la primavera e l’estate, a fine settembre Daesh iniziò l’offensiva contro il capoluogo. La collina di Mishtanour era il punto cardine delle difese della città. La porta stessa di Kobane. A combattere sulla collina vi era una ragazza di 20 anni, Arin Mirkan. Era decisa a difendere la posizione a tutti i costi. Ma i miliziani erano troppi, avevano artiglieria e carri armati. Loro avevano solo i fucili e le granate. Le granate, appunto, contro i carri armati. Arin ne prese molte con sé e partì. Si lanciò contro il primo blindato di Daesh che copriva l’avanzata di diversi miliziani. Un boato assordante. L’esplosione distrusse il carro e uccise una dozzina di membri dell’ISIS. Il sacrificio di Arin inflisse un duro colpo al nemico che riuscì comunque a conquistare Mishtanour. Daesh sembrava aver vinto la battaglia. Eppure l’avanzata in città diventava ogni giorno più difficile. Strada per strada, casa per casa, ogni metro conquistato da Daesh costava sempre più perdite. Nonostante ciò, il territorio controllato dalle YPG/J dopo qualche giorno, era meno della metà della città. Ma il tempo guadagnato fu prezioso: dalla metà di ottobre in poi arrivarono i rinforzi e la coalizione si decise a fornire supporto aereo. L’avanzata delle YPG/J portò alla riconquista di gran parte della città tra i mesi di novembre e dicembre. Il 19 gennaio ripresero la collina di Mishtanour. Poco dopo venne annunciata la liberazione di Kobane: era il 26 gennaio 2015. Kobane ora sta provando a rinascere, pur tra mille difficoltà e tra la costante minaccia turca. Le immagini di Arin e delle altre centinaia di martiri, caduti per difendere Kobane e tutta l’esperienza femminista, ecologista e socialista del confederalismo democratico, sono presenti in tutta la cittadina. Ci sono anche loro tra gli abitanti, presenza viva, vivissima nella quotidianità e nelle lotte di tutti i giorni. Perché i martiri non muoiono. 

Cannibali e Re

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