Nativi Lumbee

IL 18 GENNAIO 1958 AL RADUNO DI HAYES POND I SUPREMATISTI BIANCHI ERANO POCHI MA I NATIVI LUMBEE, PRESI DI MIRA DAL KKK, ERANO TANTI E LI SCACCIARONO A BASTONATE 

Non lasciar loro alcuno spazio, alcun margine di manovra. Era questa la strategia degli indiani Lumbee, che negli Stati Uniti del secondo dopoguerra erano uno dei gruppi nativi più numeroso - il maggiore a Est del Mississippi - e tuttavia non avevano ancora ottenuto alcun riconoscimento giuridico da parte del governo federale. Già agli inizi degli anni Cinquanta, tuttavia, la situazione stava rapidamente cambiando e nel 1956 arrivò l’agognato riconoscimento. Alla richiesta di maggiori diritti da parte dei nativi si opponeva, neanche a dirlo, il Ku Klux Klan. James W. Cole, personaggio di spicco del KKK della Carolina del Nord, aveva messo nel mirino i Lumbee, considerata una “tribù fragile”, marginalizzata anche dagli altri nativi. Una preda appetibile, insomma, per le azioni del Klan. Nel gennaio del 1958 alcune croci vennero bruciate davanti alla casa di una famiglia nativa trasferitasi recentemente in un quartiere bianco; in seguito, venne appiccato il fuoco davanti l’abitazione di una donna Lumbee accusata di avere relazioni interraziali. Provocazioni simili si susseguirono nei giorni precedenti a un grande raduno del Klan nei pressi di Maxton, in una località nota come Hayes Pond, previsto per il 18 gennaio. Era tutto pronto: c’era il palco, gli altoparlanti, le bandiere, una croce da bruciare. Mancavano solo i partecipanti: erano infatti pochi, meno di cento. Chi c’era, invece, erano i Lumbee, armati fino ai denti e appoggiati anche da altri gruppi nativi della Carolina del Nord: in totale, erano oltre cinquecento. Per il KKK si mise subito male: i Lumbee iniziarono a sparare in aria e dispersero ben presto i Klansmen. James Cole fuggì in preda al panico, abbandonando persino la moglie (la cui auto si era impantanata, furono gli stessi nativi ad aiutarla a ripartire). Quattro membri del Klan furono feriti, leggermente, e centinaia di bandiere e oggetti del KKK finirono nelle mani degli attivisti. La foto di due di loro, Simeon Oxendine e Charlie Warriax, avvolti da una bandiera del Klan venne pubblicata anche sulla rivista Life. “Facemmo quel che andava fatto”, ricorderà anni dopo Lee Ancil Maynor, uno dei veterani della “Battaglia di Hayes Pond”. “Se non fossimo intervenuti, se avessimo lasciato loro spazio, presto sarebbero arrivati nei cortili delle nostre case”. 

 Cannibali e Re 

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