Un tipo d’ufficiale

Il giorno prima, i combattimenti erano stati saltuari e senza esito. Nei punti di scontro il fumo della battaglia era rimasto sospeso tra gli alberi sotto forma di cortine azzurre finché non furono dissolte dal cadere della pioggia. Nella terra ammollata le ruote dei cannoni e dei carri di munizioni tagliavano profondi solchi irregolari, e i movimenti della fanteria sembravano impediti dal fango che si attaccava alle scarpe dei soldati quando, con le divise inzuppate e i fucili malamente protetti dalle mantelline dei cappotti, si trascinavano di qua e di là in linee sinuose per la foresta gocciolante e il campo allagato. Ufficiali a cavallo, col volto che spuntava sotto il cappuccio di tela gommata luccicante come un elmo nero, si facevano strada, isolatamente o a gruppetti casuali, andando avanti e indietro apparentemente senza meta e senza ricevere attenzione da nessuno tranne che dai colleghi. Qua e là qualche morto col vestito sporco di terra, la faccia nascosta da una coperta o all'aria, gialla e terrea sotto la pioggia, aggiungeva la sua influenza demoralizzante a quella degli altri squallidi elementi della scena e intensificava la desolazione generale con un particolare effetto depressivo. Erano molto ripugnanti, questi relitti d'uomini, niente affatto eroici, e nessuno sentiva il contagio del loro patriottico esempio. Morto sul campo dell'onore, sí; ma il campo dell'onore era tanto bagnato! Fa una certa differenza. La battaglia campale che tutti s'erano aspettata, non c'era stata; nessuno dei piccoli vantaggi derivati, ora a questa, ora all'altra parte, in scontri accidentali e isolati, avevano avuto seguito. Attacchi portati senza convinzione provocavano una resistenza ottusa che si accontentava di respingerli. Gli ordini venivano eseguiti con fedeltà meccanica, nessuno faceva niente di piú del suo dovere. — L'esercito è codardo oggi, — disse il generale Cameron, comandante della brigata federale, al suo aiutante maggiore. — L'esercito ha freddo, — rispose l'ufficiale al quale erano state rivolte quelle parole, — e poi… certo, non ha voglia di finire come quello lí. E indicò uno dei cadaveri che giaceva in una pozzanghera; il fango schizzato dagli zoccoli dei cavalli e dalle ruote dei cannoni gli aveva inzaccherato la faccia e i vestiti. Anche le armi da fuoco sembravano contagiate da questa neghittosità militare. Il crepitio dei fucili suonava apatico e poco convincente. Non aveva senso e non destava quasi attenzione né ansia da parte degli altri reparti non direttamente impegnati nella sparatoria e delle riserve in attesa. Uditi da vicino, gli scoppi dei cannoni erano fiacchi in volume e timbro: mancavano di mordente e di risonanza. Sembrava che i pezzi sparassero a salve con cariche ridotte. E cosi la futile giornata si trascinò alla sua tetra fine. Segui una notte di disagio, poi una giornata d'apprensione. 

Brano tratto dal racconto Un tipo d’ufficiale raccolto in:  Ambrose Bierce, Storie di soldati, traduzione di Antonio Meo, nota introduttiva di Francesco Binni, Einaudi (collana Centopagine n° 41, collezione di narratori diretta da Italo Calvino), 1976; pp. 132-133.  [Edizione originale: Tales of Soldiers and Civilians, San Francisco: E.L.G. Steele, 1891]

 

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