3 ottobre
IL 3 OTTOBRE 2013 PERSERO LA VITA 368 MIGRANTI NELLA STRAGE DI LAMPEDUSA. SCAPPAVANO DA GUERRA, FAME E POVERTÁ
Venivano quasi tutti dal Corno D’Africa i circa 500 migranti che il 2 ottobre del 2013 vennero fatti confluire su una spiaggia libica per essere caricati con alcuni gommoni su un vecchio peschereccio che doveva portarli verso le coste italiane.
Avevano pagato diverse centinaia di dollari, tutto quello che possedevano nella maggior parte dei casi, per fuggire dai propri paesi. Il rischio di essere uccisi, il lungo viaggio nel deserto, la sete, la morte e le violenze dei trafficanti di uomini e alla fine quel viaggio su una carretta del mare. Si sarebbero risparmiati tutto questo se avessero potuto uscire liberamente dal proprio stato di origine, ottenere un visto regolare ed entrare in Europa.
Ma tutto questo non era e non è possibile.
La grande maggioranza di quei disperati, tra cui molte donne e bambini, veniva dall’Eritrea. Un Paese sconvolto dalla guerra con la vicina Etiopia (solo recentemente è stata firmata una pace piuttosto precaria), caratterizzato dalla malnutrizione cronica, da una speranza di vita bassissima e da uno stato autoritario e repressivo in cui è vietata la fuoriuscita legale dal paese e in cui non sono garantiti i diritti più elementari.
Per questo quelle persone scappano. Per questo si imbarcarono su quella nave, stipati come sardine, accalcati in ogni minimo spazio.
Il natante prende il largo intorno alle 11 e 30, dopo 5 ore arriva a largo di Lampedusa. É allora che, nella stiva, secondo una versione dei fatti, inizia ad entrare l’acqua.
Molti si agitano. É comprensibile, sono spaventati. Ma il movimento mette a dura prova il vascello. A quel punto il capitano della nave avrebbe dato fuoco ad una coperta, forse per attirare l’attenzione di alcune navi di passaggio. Ma il gesto rende ancora più irrequiete le persone a bordo che si accalcano tutte su un lato. Il vecchio peschereccio si capovolge. In pochi attimi la tragedia. Molti non sanno nuotare, molti sono schiacciati dallo scafo, altri ancora sono talmente deboli da non riuscire a restare a galla, anche perché il gasolio uscito dai serbatoi rende il mare terribilmente oleoso.
Urla, pianti, morti.
Questo è quello che si trovano davanti i primi soccorritori che intorno alle 7 arrivano dopo la segnalazione dei pescherecci locali sul posto. Alcuni eroici lampedusani salvano i supersiti per più di un’ora, mentre l’intervento della Marina militare, è colpevolmente in ritardo.
Alla fine in fondo al mare restano 368 persone, 20 i dispersi.
Attualmente nel mondo ci sono 50 paesi in stato di guerra. Circa 800 milioni di persone soffrono la fame, mentre quasi un miliardo non ha accesso ad acqua potabile.
Persone come i morti di Lampedusa, la cui unica colpa è stata essere nati sul lato sbagliato del mondo e aver provato ad attraversarlo.
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