Il fucile da caccia

Amare, essere amato… come sono tristi le azioni umane. Quando ero al secondo o al terzo anno del liceo femminile, durante un esame di inglese vennero fuori alcune domande sulla forma attiva e passiva dei verbi. Colpire, essere colpito; guardare, essere guardato… mischiati tra tanti verbi come questi, ce n’erano due che emanavano una luce speciale: amare, essere amato. Mentre guardavamo con attenzione le domande leccando le matite, a un certo punto da dietro le spalle mi arrivò un bigliettino, che qualcuno aveva fatto girare per gioco. Guardai, c’erano scritte due domande: «Vuoi amare?», «Vuoi essere amata?». E sotto la frase «Vuoi essere amata?», scritti con l’inchiostro o con la matita blu e rossa, c’erano molti cerchietti, mentre nella colonna del «Vuoi amare?» non c’era nemmeno il più piccolo segno di adesione. Anch’io non feci eccezione e aggiunsi il mio cerchietto sotto «Vuoi essere amata?». Perfino le ragazze di sedici, diciassette anni, che capiscono ben poco di cosa quelle parole «amare», «essere amato» possano significare, intuiscono già per istinto che la felicità sta nel fatto di essere amate. Solo la ragazza seduta accanto a me, quando le passai il biglietto, vi diede una rapida occhiata e subito, a colpo sicuro, con un deciso tratto di matita tracciò un grande cerchio nella colonna bianca ignorata da tutte le altre. Lei voleva amare.

Inoue Yasushi

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