Poema in linea retta

Non ho mai conosciuto chi abbia preso legnate.
Tutti i miei conoscenti sono stati campioni in tutto.

Ed io, tante volte spregevole, tante volte porco, tante
volte vile,
io tante volte innegabilmente parassita,
inescusabilmente sudicio,
io, che tante volte non ho avuto pazienza di fare
il bagno,
io, che tante volte sono stato ridicolo, assurdo,
che ho involto pubblicamente i piedi nei tappeti
dell’etichetta,
che sono stato grottesco, meschino, sottomesso e
arrogante,
che ho patito oltraggi e taciuto,
che quando non ho taciuto, sono stato più ridicolo
ancora;
io, che sono riuscito comico alle cameriere d’albergo,
io, che ho sentito lo strizzare d’occhi dei facchini,
io, che ho commesso vergogne finanziarie, chiesto
prestiti senza pagarli,
io, che quando venne l’ora del cazzotto, mi sono
rintanato
fuori della sua portata;
io, che ho sofferto l’angoscia delle piccole cose
ridicole,
io verifico che non ho eguali in tutto ciò in questo mondo.

Tutta la gente che conosco e che parla con me
non ebbe mai un gesto ridicolo, non patì mai oltraggio,
non fu mai se non principe – tutti prìncipi- nella vita…

Volesse il cielo che udissi da qualcuno la voce umana
che confessasse non un peccato, ma un’infamia;
che raccontasse, non una violenza, ma una viltà!
No, sono tutti l’Ideale, se li odo e mi parlano.
Chi c‘è in questo vasto mondo che mi confessi che una volta è stato vile?
O prìncipi, miei fratelli,

orsù, sono stufo di semidei!
Dov‘è che c‘è gente nel mondo?

Allora sono solo io vile e fallace su questa terra?

Potranno le donne non averli amati,
possono essere stati traditi – ma ridicoli mai!
E io, che sono stato ridicolo senza essere stato
tradito,
come posso parlare coi miei superiori senza titubare?
Io, che sono stato vile, letteralmente vile,
vile nel senso meschino e infame della viltà.

Fernando Pessoa

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