L’immortalità

«Trapiantato nell’Ottocento, di che si occuperebbe un alchimista di genio? Che ne sarebbe di Cristoforo Colombo, oggi che le comunicazioni marittime sono servite da un migliaio di società di trasporti? Che avrebbe scritto Shakespeare in un’epoca in cui il teatro non fosse ancora esistito o in cui avesse smesso di esistere?
Non sono domande retoriche. Quando un uomo è dotato per un’attività che ha già suonato la mezzanotte (o che non ha ancora suonato la prima ora), che ne è del suo talento? Si trasforma? Si adatta? Cristoforo Colombo diventerebbe direttore di una compagnia di viaggi? Shakespeare scriverebbe sceneggiature per Hollywood? Picasso disegnerebbe cartoni animati? Oppure tutti questi grandi talenti si tirerebbero in disparte, se ne andrebbero, per così dire, nel convento della storia, pieni di una cosmica delusione di essere nati nel momento sbagliato, fuori dall’epoca che è la loro, fuori dal quadrante del tempo per cui erano stati creati? Abbandonerebbero il loro talento anacronistico come Rimbaud abbandonò a diciannove anni la poesia?»

Milan Kundera

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