I media in Italia? Siamo fermi a “il fascismo ha fatto anche cose buone”

Fascismo, nazismo e razzismo sui media sono presentati come un “disvalore assoluto” solo per il 20% dei quotidiani e tra l’8 e il 20% delle trasmissioni televisive. È il risultato di una ricerca interdisciplinare, presentata oggi a Bologna, finanziata dalla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna. (…)

Lo studio condotto da Giovanna Cosenza, docente di Filosofia e Teoria dei Linguaggi dell’Università bolognese, ha preso in esame tra novembre 2019 e ottobre 2020, 443 articoli di quotidiani e 48 ore di programmazione televisiva, rilevando il frequente ripetersi della metafora del fascismo, nazismo e razzismo come “malattie che si propagano velocemente nella società” costretta in risposta ad “erigere barriere, baluardi”.

Questo però, sottolinea la ricerca “non assume quasi mai i toni dell’emergenza: si sottolinea, puntualmente, che sono fenomeni confinati a piccoli gruppi, ‘carnevalate’ o ‘goliardate’ a cui non bisogna dare troppo peso perché inserite in un contesto democratico. Solo se riferiti al passato, sono proposti come nettamente negativi”.

Il discorso vale ovviamente anche al contrario. Le voci antifasciste che emergono solitamente sono quasi sempre quelle dei protagonisti “storici” delle vicende dei regimi: l’Anpi o la senatrice a vita Liliana Segre. Cioè persone molto anziane e viste lontane dai contesti attuali.

Un ulteriore approfondimento attraverso l’archivio delle “teche” Rai ha poi mostrato una “sovrarappresentazione” del ventennio nel contesto dei programmi di divulgazione storica. Ma la narrazione proposta -spiegano i docenti di storia contemporanea Alessio Gagliardi e Matteo Pasetti- ha avuto prevalentemente un taglio biografico e personale incentrato sulla figura di Benito Mussolini (cosiddetto “mussolinismo”) mettendo in secondo piano gli aspetti più critici del regime, come la violenza e il razzismo coloniale.

(…) Gli autori della ricerca sottolineano inoltre una sorta di “svuotamento semantico” dei termini fascismo, nazismo e razzismo, che in sostanza, a forza di essere ripetuti, hanno perso la loro accezione dispregiativa.

Inoltre, sono state indagate le prospettive giuridiche (l’apologia di fascismo è un reato, ndr) e i meccanismi psicologici propri dei promotori di queste ideologie. L’appello finale è sul fatto che “non basta l’antifascismo a parole, vanno applicate le leggi esistenti”.

Fonte: Agenzia DiRE

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