La voce di Pasolini

Il capitalismo è oggi il protagonista di una grande rivoluzione interna: esso sta evolvendosi, rivoluzionariamente, in neocapitalismo. […] Davanti a questo neocapitalismo rivoluzionario, progressista e unificatore si prova un inaudito sentimento (senza precedenti) di unità del mondo. Perché tutto questo? Perché il neocapitalismo coincide insieme con la completa industrializzazione del mondo e con l’applicazione tecnologica della scienza. Tutto ciò è un prodotto della storia umana: di tutti gli uomini, non di questo o quel popolo. E infatti i nazionalismi tendono, in un prossimo futuro, a essere livellati da questo neocapitalismo naturalmente internazionale. Sicché l’unità del mondo (ora appena intuibile) sarà un’unità effettiva di cultura, di forme sociali, di beni e di consumi.  Io spero naturalmente che, nella competizione che ho detto, non vinca il neocapitalismo: ma vincano i poveri. Perché io sono un uomo antico, che ha letto i classici, che ha raccolto l’uva nella vigna, che ha contemplato il sorgere e il calare del sole sui campi, tra i vecchi, fedeli nitriti, tra i santi belati; che è poi vissuto in piccole città dalla stupenda forma impressa dalle età artigianali, in cui anche un casolare o un muricciolo sono opere d’arte, e bastano un fiumicello o una collina per dividere due stili e creare due mondi. (Non so quindi cosa farmene di un mondo unificato dal neocapitalismo, ossia da un internazionalismo creato, con la violenza, dalla necessità della produzione e del consumo)”.  

Pier Paolo Pasolini, La voce di Pasolini. I testi, Matteo Cerami e Mario Sesti. Feltrinelli Real Cinema, 2006.


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