Affari & Morale

I russi usano il pronome di terza persona plurale, onì, « essi », « loro », quando parlano genericamente di coloro che comandano: una classe remota e misteriosa, da cui non si aspettano niente di buono. Un atteggiamento simile, tipico di una società poco democratica e poco amalgamata, si ritrova in Italia; « loro » fanno i propri comodi, calpestano i diritti della povera gente per conseguire i loro obiettivi, per vincere le loro battaglie, e se agli uomini politici si attribuisce l'avidità di denaro, la voglia di arricchirsi, agli uomini dell'industria e della finanza, che già sono ricchi, si attribuiscono altri giuochi altrettanto riprovevoli, volontà di potere, lusso eccessivo, indifferenza per la pena della povera gente. Ho detto che la distinzione fra buoni e cattivi è un fatto di cultura, e dipende da fattori molteplici, educazione, ambiente, tradizioni; possiamo constatare che la globale condanna di tutta una classe dirigente, di tutti coloro che comandano, attesta una cultura piuttosto rozza, e porta a un generale appiattimento. Se tutti sono cattivi, se tutti violano le norme e calpestano i princìpi, cade l'interesse a scoprire i singoli trasgressori, e quando qualcuno cade nella rete, la condanna della pubblica opinione è distratta, perché comunque tutti immaginavano che anche quel tale, come i suoi simili, fosse un poco di buono; le sue colpe si perdono sullo sfondo della colpevolezza universale. L'arresto e la condanna di Roberto Calvi, presidente del Banco Ambrosiano, suscitarono sorpresa piuttosto che indignazione; sorpresa non per gli addebiti che gli erano mossi, ma per il fatto che un uomo così importante non godesse di impunità; vi fu comunque chi affermò in quei giorni che i banchieri erano tutti uguali, e che Calvi non era peggiore degli altri; era stato solo meno abile, più maldestro. C'era anche chi era convinto che Calvi fosse caduto perché gli altri potenti, invece di mantenere verso di lui la consueta omertà, lo avevano lasciato cadere; le ragioni per le quali aveva perso l'appoggio dei potenti incuriosivano più delle sue malefatte. Costruttori edili, petrolieri, grandi manager del settore pubblico sono stati denunciati, arrestati, condannati nella generale indifferenza; già si sapeva che i costruttori edificavano palazzi senza le necessarie autorizzazioni, che i petrolieri pagavano i partiti o i generali della Guardia di finanza, che i manager del settore pubblico maneggiavano fondi neri a beneficio dei partiti che li avevano nominati; o meglio, non lo si sapeva, ma lo si immaginava. La condanna globale finisce pertanto col diventare una generale assoluzione; si condanna la classe e si assolvono gli individui. 

Piero Ottone, Affari & Morale, Milano, Longanesi (collezione Il Cammeo n° 163), 1988¹; pp. 62-64.

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