Eroi

  Noi dobbiamo cessare di attendere in ogni occasione l'uomo provvidenziale: ci dobbiamo convincere che quest'uomo provvidenziale è in tutti, e dobbiamo considerare gli altri uomini non già come il mezzo, ma come lo scopo. L'uomo provvidenziale non esiste: e se a un uomo è dato di far più che agli altri, non bisogna nemmeno esagerare ciò che un uomo può. Quei grandi politici o finanzieri che noi invidiamo spesso agli altri, se si potessero trasportare da noi non farebbero se non ciò che i nostri fanno: infatti essi sono grandi perché imperniano movimenti che in realtà esistono. Questa contemplazione buddistica, per cui in ogni partito ci asteniamo da ogni opera attiva di bene e aspettiamo che venga l'uomo forte, l'uomo provvidenziale, è quanto di più dissolvente si possa immaginare, ed è il risultato della nostra concezione eroica della storia.

Le società umane in tanto valgono in quanto valgono non alcuni uomini, ma tutti gli uomini che le compongono. I popoli che prevalgono durevolmente sono quelli di cui la educazione intellettuale e materiale delle masse è più alta e dove la solidarietà è più grande. Dove l'anima collettiva vibra di più, dove più grande è l'unione, ivi la forza è maggiore. Pensate invece quale effetto debba avere sopra menti incolte, in cui fermentano l'odio e la superstizione, l'insegnamento che noi diamo. Noi siamo gli eredi dei meriti e delle colpe dei nostri padri, e noi già scriviamo con le opere nostre la storia dei nostri figliuoli. Facciamo che questa storia sia meno faziosa; insegnamo che il lavoro umano è sacro; che la violenza comunque adoperata è male; infondiamo quel rispetto della libertà umana da cui purtroppo ci allontaniamo; evitiamo anche di ripetere, ciò che non è vero, che il passato è più grande del presente. “

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Brano tratto dal saggio breve Eroi (1898) raccolto in:

Francesco Saverio Nitti, Eroi e briganti, Edizioni Osanna (collana Biblioteca Federiciana n° 3), Venosa (PZ), 1987¹; pp. 28-29.


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