Venne la vita: un’umidità sofisticata, promessa di un destino inestricabile; e ricca di segrete virtù, capace di sfide, di fecondità. Un misterioso vischio precario, una misteriosa muffa di superficie, dove già si agita un fermento. Turbolenta, spasmodica, una linfa, presagio e attesa di un nuovo modo di essere, che segna la rottura con la perpetuità minerale, che osa scambiarla con l’ambiguo privilegio di fremere, di imputridire, di pullulare. Oscure distillazioni preparano i succhi, le salive, i lieviti. Come vapori o rugiade, brevi e pazienti brinate scaturiscono a gran pena e per un istante da una sostanza poc’anzi imperturbabile, farmacie di un’ora, vittime designate dall’intemperie, pronte a sciogliersi o a seccare, lasciando solo un sapore o una lordura. Nascita di ogni carne irrorata da un liquido, come la crema bianca che gonfia la bacca del vischio; come, nella crisalide, l’amalgama intermediario tra la larva e l’insetto, la gelatina indistinta e che sa solo tremolar...