É grigio il tempo ma non piove, ed il rabbioso e spietato male ancora rimbomba nei dintorni. La mia testa è altrove, lontana da quest’uscio e da questo mondo che non sento mio e che crudelmente cerca di mettermi in ginocchio. Nel secondo dei tre gradini, davanti ad una casa nella quale sono stata sempre ospite, siedo sola e cupa, ma non piango, non mi abbasserò. Mantova mi partorì ma non affondo qui le mie radici, vengo dal Mar Morto. Fin da piccola sono cresciuta sotto la protezione di un uomo di Suzzara, amico di famiglia, che ben presto divenne mio marito, nel 1930. Era un uomo di vasta cultura, il suo nome, Zaccaria, gli piaceva molto, a tal punto che appese nei pressi dell’entrata una targa: “Casa Zaccaria” invece di inserire, come i più, il cognome, forse per i rapporti ostili con il padre, al quale non si riavvicinò neppure nel giorno dell’estremo saluto. Era solito trovarmi dei soprannomi, all’inizio mi chiamava “stella”, poi “danno”, la cucina non era decisamente il mio m...